"Guardiamo oltre, non basta ripartire"

L’arcivescovo Betori in Duomo invita ad avere coraggio, altrimenti "la società è barbara e selvaggia" come gli eccessi della movida

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Segue dalla Prima

L’arcivescovo Betori torna a celebrare Messa in cattedrale per la prima volta dopo il lockdown. All’appello hanno risposto oltre 200 fedeli e all’ingresso dalla porta dei canonici non ci sono problemi: la gente arriva per tempo e prende posto. Nella navata centrale del Duomo le panche sono sostituite dalle sedie posizionate a distanza. Sull’altare celebranti, diaconi e seminaristi indossano le mascherine così come i fedeli. I sacerdoti distribuiscono la Comunione sulle mani dopo aver indossato i guanti e disinfettato la mani. Rispetto alle solennità celebrate prima della pandemia il senso di vuoto è evidente, ma, sottolinea in apertura di omelia il cardinale, si riparte con "la gioia di una comunità che può tornare a condividere il cuore della sua fede"; con grande attenzione alla "responsabilità per la salute di tutti, accettando alcune limitazioni e portando nel cuore le morti e le sofferenze di questi giorni come pure i gesti di amore di cui molti stanno dando prova". "Lo sguardo sull’oltre è utile a muoverci al di là dell’attuale emergenza sanitaria e a guardare alla realtà sociale ed economica verso la quale dobbiamo incamminarci, meno con lo spirito di una ripartenza, quasi che si possa ricominciare come se nulla sia accaduto, ancora meno con il respiro corto della ricerca di una sopravvivenza, che durerebbe poco, quanto piuttosto con lo sguardo coraggioso della costruzione di un cosa nuova. Non per rinnegare il nostro passato e i suoi caratteri, ma per reinterpretare quei caratteri tutti nostri nelle forme nuove che ci attendono".

"In questa prospettiva va ripensato il legame tra conoscenza, arte e carità, il cui tessuto ha rappresentato il meglio delle nostre stagioni - sostiene il cardinale - Vanno rinsaldati i principi legati alla dignità della persona e alla ricerca del bene comune, senza i quali la società decade a vita barbara e selvaggia" con un accenno indiretto al rischio che tutto torni come prima, comprese la movida fuori controllo e le invasioni barbariche di turisti convinti di essere nella Disneyland del Rinascimento.

"Spirito creativo personale, dimensione familiare, tessuto sociale, filiere produttive, lavoro per tutti" sono legami indissolubili.

"Celebriamo di nuovo insieme nella domenica in cui la chiesa universale vive la 54ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, in cui quest’anno il Papa propone questo tema ‘Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria’ - continua l’arcivescovo - Il tema scelto si intesse con il presente, in quanto l’emergenza che viviamo, ha bisogno di una lettura corretta, che richiami a responsabilità e alimenti la speranza. Abbiamo bisogno di dirci quel che accade nella verità, ma anche capaci di cogliere nelle vicende i segni di bene che vi affiorano e gli orizzonti di speranza che devono darci coraggio".

"Sarebbe un grave errore lasciarsi soffocare dal peso delle sofferenze e dei disagi, non perché li si voglia negare, ma perché la fede ci aiuta a vivere anche i momenti del dolore nella luce della Pasqua. Sotto un cumulo di notizie, abbiamo bisogno di dare un senso a tutto quanto ascoltiamo e leggiamo, il senso nasce dallo scorgere come Dio sia presente nell’agire di tante persone che operano il bene e si fanno carico dei propri fratelli".

Duccio Moschella

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