"Giustizia per le nostre figlie Vogliamo un’indagine parallela"

Lettera dei genitori al presidente Mattarella: "Lo Stato prenda posizione e sia aperta un’altra inchiesta"

di Rossella Conte

"Purtroppo le nostre ulteriori preoccupazioni si sono avverate, non è bastato che tentassero per tre volte di archiviare questa tragedia motivando il tutto con la dicitura di un semplice incidente, avvalendosi della sola testimonianza falsa dell’autista e non considerando attentamente la relazione della polizia spagnola e le testimonianze degli studenti che si sono salvati. Quanto sta accadendo è inaccettabile, assurdo e irrazionale, dimostrando superficialità nella ricerca della verità ed evitando di affrontare gli argomenti che hanno provocato tale tragedia". E’ amareggiato Gabriele Maestrini, il padre di Elena, una delle tredici ragazze, di cui sette italiane, che hanno perso la vita il 20 marzo 2016 a Freginals in Catalogna in un tragico incidente. Con una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiede "che lo Stato italiano assuma una posizione ufficiale e che sia aperta una indagine parallela per approfondire le cause e concause materiali eo morali avvenute". Secondo alcune fonti giuridiche, il processo potrebbe partire a ottobre 2023, nel frattempo i legali delle famiglie sono in attesa di poter conoscere il calendario delle udienze. L’imputato, dopo il rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo, è l’autista del pullman, per il quale il pm ha chiesto quattro anni per "condotta imprudente grave", essendosi forse messo alla guida pur essendo stanco e assonnato. "Soltanto a settembre 2020 siamo riusciti con la sola forza delle famiglie a far rinviare a giudizio l’autista. Da tale data sono trascorsi due anni solo per sentirsi dire che il processo inizierà non prima di ottobre 2023 con la motivazione della giudice “sarà complesso con molte parti processuali e molti testimoni, vittime di lesioni e periti“, come se tutto questo sia stato scoperto adesso. E’ vergognoso": scrive Maestrini. A oggi, si legge, "proposte di richieste di inchieste parlamentari, interrogazioni al Ministro degli Esteri non hanno portato a nessun interessamento ufficiale, nessun interessamento anche da parte della Procura della Repubblica".

Tra le sette italiane c’erano, oltre a Elena, 22 anni, originaria di Bagni di Gavorrano, anche Lucrezia Borghi, 21, di Greve in Chianti e la fiorentina Valentina Gallo, 22. "Le famiglie vogliono sapere di chi è la colpa e soprattutto arrivare a tutta la verità in modo che certi episodi non accadano mai più. E’ da troppo tempo che aspettano giustizia" spiega l’avvocato Stefano Bartoli, legale della famiglia Borghi. "Siamo sconcertati - prosegue - di come sta andando questo processo che ancora, dopo 6 anni e mezzo, non è neppure iniziato. Tra l’altro, si profila la possibilità di arrivare in aula a ottobre 2023 e quindi dopo 7 anni e mezzo. Nel frattempo ci sono stati tre tentativi di archiviazione che siamo riusciti a scongiurare soltanto dopo essersi rivolti alla corte d’appello di Tarragona. Tutto questo è sconvolgente, è chiaro che le famiglie delle vittime abbiano perso un po’ di fiducia. Devono venire a galla tutte le falle del sistema".

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