Festa con le calciatrici venute da Herat Una partita per celebrare la loro nuova vita

La rappresentativa del ’Gobetti Volta’ ha accolto le tre ragazze cacciate dai talebani e quattro giovani arrivati dall’Ucraina

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Fatima ha 20 anni, Susan 22, Mariam 24 e tutte e tre hanno una immensa passione: quella per il gioco del calcio. Ma proprio la loro voglia di giocare a uno sport così diffuso e popolare, le ha portate ad essere perseguitate e a dover fuggire dalla loro terra, lasciando tutto ciò che avevano. A fine agosto queste tre giovani donne, giocatrici di calcio in una delle sole 8 squadre femminili afgane, hanno dovuto far la valige e scappare: dopo un viaggio molto complicato, con la paura di essere catturate, dopo due estenuanti giorni e notti di attesa all’aeroporto, sono riuscite a imbarcarsi su uno degli ultimi aerei e a venire in Italia. Solo poche ore e quell’aeroporto sarebbe stato bombardato. Solo poche ore e avrebbero rischiato la vita. Il regime talebano non consente di uscire, di studiare, tantomeno di praticare uno sport giudicato maschile come il calcio. E solo per questo sono dovute scappare. Oggi sono serene grazie all’accoglienza di Caritas e al coordinamento di Cospe che hanno dato protezione a Firenze a un totale di 42 cittadini afgani in fuga dai talebani. Con Susan ci sono anche i genitori e una sorella; Mariam e Fatima invece hanno dovuto lasciare i genitori e i fratelli a Herat.

"Ho iniziato a giocare a calcio per divertimento, poi è diventata una passione vera – ci racconta Susan -. Oggi so è che la mia vita e vorrei diventasse il mio lavoro". Gli sguardi di queste tre giovani donne si illuminano quando giocano sul campo di calcio del Bagno a Ripoli contro le squadre composte dagli studenti dei cinque anni del liceo Gobetti Volta in una partita di solidarietà e amicizia coordinata dai professori Alessandro Dei e Francesca Ortusi. Ma quando raccontano ciò che hanno lasciato alle loro spalle, gli occhi si velano di tristezza.

"Ho ancora lì due sorelle e un fratello e i miei 4 nipotini che mi mancano tantissimo – racconta ancora Susan, che in Afghanistan studiava letteratura inglese, finché il regime talebano ha cancellato ogni possibilità di studio e di libertà. Qui mi trovo bene, sto studiando l’italiano e aspettando i documenti per iscrivermi all’Università. Tornare indietro? No, preferisco restare qui, ma sogno di riunire la mia famiglia". E’ il desiderio più grande anche di Mariam e Fatima: portare in Italia in salvo i loro genitori. Intanto fanno ciò che amano: giocano a calcio seguite dal loro coach Naurisi, anche lui fuggito dall’Afghanistan dopo aver ricevuto minacce proprio in quanto allenatore di calcio femminile. Le ragazze sono state tesserate dal Centro Storico Lebowski, dove possono continuare a coltivare la loro passione che, hanno raccontato ai loro quasi coetanei del Gobetti Volta di Bagno a Ripoli, in altri Paesi non è un diritto, come non lo è lo studio né l’uscire di casa quando si vuole. Dentro e fuori dal liceo di Bagno a Ripoli, le parole delle atlete afgane sono risuonante come un inno alla pace e al contrasto alle disuguaglianze e delle disparità sociali.

Sotto l’hastag "Noi#UnaSolaSquadra" riportata anche sulle magliette dell’iniziativa sostenuta da Città Metropolitana e Comune, si sono uniti gli studenti ucraini che hanno trovato accoglienza nel liceo ripolese, dopo essere fuggiti dalle loro terre colpite dalla guerra. Sono in tutto 4, spiega il presidente Simone Cavari, tutti della zona di Kiev: si sono già ben integrati nella scuola, anche grazie alla presenza di altri ragazzi di origine ucraina che si trovano qui da lungo tempo e che fanno da mediatori culturali.

Manuela Plastina

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