Eppur si muove, il turismo riparte Ma uno su dieci ha chiuso per il Covid

Albergatori in difficoltà per i costi delle utenze lievitati, ma non vogliono scaricarli sulle tasche dei clienti. Con la pandemia e la cessazione delle attività molti dipendenti sono andati via e sono stati assunti altrove

Migration

di Lisa Ciardi

In piazza del Duomo o sul Ponte Vecchio per capire che i turisti sono tornati. Eccome. Accompagnati dai disagi di sempre ma anche da un flusso importante di affari per quella fetta di città che vive sull’accoglienza. Ma come vivono gli albergatori questo momento? Quanti hanno retto al Covid? E cosa si aspettano per l’estate e per i mesi successivi?

"Da Pasqua in poi abbiamo registrato un boom esponenziale di presenze e siamo contenti – spiega Stefano Rosselli (nella foto in alto), presidente della sezione alberghiera di Confindustria Firenze – . Vanno molto bene i soggiorni brevi e di prossimità, meno quelli di lunga durata e il segmento del lusso. Il comparto asiatico, che rappresentava circa il 30% delle presenze, è completamente fermo, quello americano che costituiva un altro 30% sta ripartendo lentamente, ma siamo comunque all’80% di occupazione delle camere rispetto agli stessi mesi del 2019. I dati dei musei confermano una straordinaria voglia di vedere le città d’arte. L’allentamento delle misure restrittive ha ricreato il clima giusto, cancellando quel senso di insicurezza che rendeva poco piacevole viaggiare".

Insomma italiani, ma anche tedeschi, francesi e inglesi stanno arrivando come e più di prima, compensando in parte l’assenza di turisti da Paesi più lontani. Non mancano però le criticità. "Abbiamo avuto un aumento esponenziale delle spese - continua Rosselli – a causa dell’incremento di energia, gas, servizi e materie prime. Non possiamo però far ricadere questi costi sui clienti, a loro volta in difficoltà: la conseguenza è quindi un calo dei guadagni. Infine è diventato difficilissimo reperire personale: nei due anni di pandemia, con gli alberghi chiusi, molti sono stati assorbiti da altri settori e li abbiamo persi".

Dati confermati anche da Federalberghi. "Siamo molto soddisfatti della ripartenza che è andata oltre le migliori aspettative – spiega il presidente fiorentino, Francesco Bechi – con un aprile buono, un ottimo maggio e un giugno che si prospetta positivo. Su luglio e agosto vediamo un rallentamento, ma è possibile che sia legato solo alle modalità di prenotazione, ormai caratterizzate da pochissimo preavviso". Ma qual è lo stato di salute degli hotel fiorentini?

"Un 10% delle strutture esistenti prima del Covid ha chiuso – spiega –. Si tratta in gran parte di imprenditori che avevano gli hotel in locazione e che non hanno trovato accordi adeguati con la proprietà per affrontare la pandemia. In parallelo, sta emergendo una richiesta fortissima dei grandi fondi internazionali e questo ci dice che la città ha valore: dobbiamo lavorare per aiutare le nostre imprese a restare. Occorre poi migliorare la qualità dell’offerta: oggi la città è invasa dai cantieri e non si può pensare che i turisti facciano 20 ore d’aereo per fotografare transenne e gru. Bisogna cambiare passo. Anche il Pnrr avrebbe dovuto aiutare maggiormente il settore, che vale il 13% del Pil e riceverà fondi pari ad appena il 2% del totale. Infine abbiamo il problema del personale, allontanato dal reddito di cittadinanza e dalla concorrenza di altri Paesi, dove il cuneo fiscale più basso permette ai dipendenti di guadagnare di più a parità di costi per le imprese".

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro