Effetto Cartabia sulle torture a Sollicciano

Il ministero della Giustizia si costituisce parte civile contro i dieci agenti della penitenziaria sotto accusa. Una rivoluzione rispetto al passato

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di David Allegranti

C’è davvero una ministra in via Arenula. Il dicastero della Giustizia guidato da Marta Cartabia si è costituito parte civile al processo per tortura nel carcere di Sollicciano, insieme all’Altro diritto, diretto da Sofia Ciuffoletti, attraverso l’avvocato Raffaella Tucci, e al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, attraverso l’avvocato Michele Passione. La Regione Toscana ha invece deciso di non costituirsi. Ieri c’è stata la prima udienza della preliminare nel Tribunale di Firenze. Dieci agenti di polizia penitenziaria sono accusati di tortura e due medici di aver redatto falsi certificati. Il ministero della Giustizia guidato da Cartabia insomma continua ad adottare una linea diversa rispetto alla gestione precedente targata Bonafede, come aveva dimostrato il caso di San Gimignano (a febbraio dieci agenti sono stati condannati per torture). Ai tempi di Bonafede, infatti, il ministero della Giustizia aveva addirittura presentato l’atto di costituzione, all’interno del procedimento per i reati contestati agli agenti, contro il Garante delle persone private della libertà personale di San Gimignano - L’Altro diritto - che si era costituita parte civile (il ministero ne aveva chiesto l’esclusione dal procedimento). Poi, con Cartabia, le cose sono molto cambiate. Ancora non si sa se le difese degli imputati chiederanno il rito abbreviato. La prossima udienza è fissata per il prossimo 13 dicembre.

"L’altro diritto, attraverso l’avvocato Tucci, si è costituito parte civile chiedendo la chiamata in giudizio, come responsabili civili, del ministero e della Asl", dice alla Nazione Emilio Santoro, filosofo del diritto e fondatore dell’Altro diritto: "Siamo infatti convinti che, come ha affermato la Corte Europea dei diritti dell’uomo, costituisca una tortura per i detenuti, al di là dei singoli episodi di violenza, sentirsi in balia di chi ti può infliggere sofferenza a suo piacimento con la sensazione che nessuno possa intervenire a proteggerti perché chi dovrebbe farlo ti maltratta. È fondamentale che ministero e asl facciano capire ai propri funzionari che proteggere i detenuti dai comportamenti dei loro colleghi vuol dire impedire un reato gravissimo ed è quindi un loro compito fondamentale tanto quanto impedire le evasioni". Insomma, dice ancora Santoro, "siamo felici che il ministero della Giustizia si sia costituito parte civile, è un segnale importante soprattutto perché sembra stia diventando una prassi nei casi in cui agenti di polizia penitenziaria siano processati per tortura. Ma questo non vuol dire che non debba anche essere garante economico verso i detenuti torturati per i comportamenti illegali dei suoi funzionari. Senza questa garanzia i detenuti rischiano di non ricevere alcun risarcimento effettivo. Siamo allibiti invece del fatto che non si sia costituita la Regione da cui dipendono i due medici indagati". "Si apre la vicenda processuale - aggiunge Sofia Ciuffoletti -, ma é importante riflettere sul percorso che le persone offese da questi reati hanno dovuto affrontare finora e alle tutele che il nostro ordinamento appronta (o meno) per la protezione, anche psicologica, delle vittime di reati perpetrati da agenti dello stato. A maggior ragione quando queste persone rimangono detenute nelle patrie galere".

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