E stamani torna a volare la Colombina

Scoppio del Carro aperto al pubblico dopo due anni di stop. Viaggio dietro le quinte alla scoperta di tutti i segreti del rito

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di Duccio Moschella

Il presente della città poggia su solide basi di tradizione, fatta di capacità professionali e amore per il proprio lavoro. Ne sono testimoni operai e tecnici dell’Opera di Santa Maria del Fiore, che ieri, come in ogni Sabato Santo, hanno lavorato l’intera mattinata per innalzare il palo di una decina di metri dal quale stamani la Colombina spiccherà il volo per innescare lo Scoppio del Carro, e dove dovrà ritornare, senza intoppi, dopo aver percorso a ritroso i 70 metri che la separano dal ’Brindellone’ davanti al Battistero. Il momento culminante sarà stamani alle 11, al canto del Gloria, ma i preparativi sono iniziati ieri intorno alle 8, perché tutto fosse pronto per la Veglia, presieduta dal cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, durante la quale è stato acceso il cero pasquale, dalla cui fiamma, segno di resurrezione e vita, scaturisce il fuoco della gioia, che ha la sua manifestazione oggi nell’esplosione del Carro.

Affascinante il dietro le quinte dell’allestimento, supervisionato da Samuele Caciagli, responsabile area tecnica dell’Opera del Duomo, e da Massimo Bonechi per la sicurezza. La procedura è un cerimoniale, con passaggi che vedono mobilitati operai edili, restauratori ed elettricisti. Fasi determinanti per la riuscita dello Scoppio e del volo, che ha un significato propiziatorio per futuri abbondanti raccolti e in senso figurato buona fortuna per tutti, alla presenza del corteo storico, dei musici e dei bandierai, che animano l’attesa con la loro esibizione, cornice del sorteggio del Torneo di San Giovanni del calcio storico, previsto alle 9,45 prima dell’inizio della liturgia delle 10,30 e della benedizione del Carro. L’aspetto spirituale del rito, inserito nella messa, è denso di significati, ma i fiorentini guardano con grande attenzione anche alla Colombina. Un motivo in più per non permettersi distrazioni nella preparazione.

Da 105 metri all’interno della lanterna della cupola, un antico argano viene azionato a braccia da sei persone per sollevare la struttura in legno, sostenuta ai lati da due ‘venti’, canapi tenuti in tensione dal personale posto sul primo ballatoio a destra e sinistra guardando l’altare. Una volta tirata su la colonna di 500 chili, inizia la fase più delicata di tutte: trovare il giusto “bilico” del palo, il perfetto assetto verticale, grazie a punti di riferimento decisivi per un volo perfetto lungo il cavo metallico collegato col Carro. Fa riflettere che in tempi di altissima tecnologia, una tradizione simile continui a utilizzare tecniche brunelleschiane. Anche l’appena restaurato barroccino, utizzato per trasportare il palo dal magazzino di piazza del Capitolo al Duomo, risale al ‘700. Tanto per essere chiari, potrebbe fare bella figura in un museo. Non a Firenze però, dove "la conservazione di un bene passa anche dal suo impiego per mantenere viva una tradizione", come osserva Samuele Caciagli. Nel rispetto della sicurezza dei lavoratori, squadra affiatata e compatta, e dei fedeli. Parola di Massimo Bonechi.

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