Le valigie lanciate dalla Fi-Pi-Li: è caccia a un furgone

Chi ha occultato i resti dei coniugi Pasho nel campo vicino al carcere poteva contare su un mezzo particolare. Verifiche sui veicoli

FIRENZE Ci sono quattro mura, testimoni mute di un delitto, ma c’è anche un furgone. Per arrivare alla chiusura del cerchio, per l’enigma dei coniugi albanesi Teuta e Shpetim Pasho, ammazzati e fatti a pezzi, infine rinchiusi in 4 valigie lanciate dalla superstrada Firenze-Pisa-Livorno, bisogna inserire nella ricostruzione un mezzo non proprio comune, che è servito, probabilmente, per elevarsi da terra e lanciare oltre i due metri e mezzo della barriera antirumore presente in quel tratto, le quattro valigie contenenti i resti. L’assassino o gli assassini avevano la disponibilità di un mezzo di questo tipo, forse un furgone con un cassone aperto, quando è stato il momento di sbarazzarsi dei resti di marito e moglie. Per questo sono in corso verifiche anche sui mezzi posseduti dall’entourage familiare negli ultimi cinque anni. E se la dinamica dell’abbandono è davvero quella ipotizzata - un mezzo che viaggia a passo d’uomo, con almeno una seconda persona che lancia i bagagli nella boscaglia -, anche in questa fase è necessaria più di una persona. Magari estranea alla fase dell’omicidio, ma comunque complice dell’occultamente dei cadaveri. Castelfiorentino, Novoli, Sollicciano. Sulla cartina geografica, l’eliminazione dei Pasho parte da questi tre punti, anche se non è detto che la coppia sia davvero passata da ognuna di queste località nelle ultime ore in cui è rimasta in vita. Dalle denunce, risulta che sono stati a Castelfiorentino, ospiti di un nipote, la serata del sabato. Più nebulosa la ripartenza (in treno, secondo le denunce di cinque anni fa) che sarebbe avvenuta tra domenica e lunedì. Condizionale d’obbligo perché non risultano più contatti “fiorentini“. Elona, la fidanzata di allora di Taulant Pasho, altro figlio della coppia, nega di averli visti. All’uscita dal carcere, il lunedì 2 novembre, la donna dice di essere stata sola ad attendere la liberazione di Taulant. Riferisce anche che quando il giorno prima sarebbe andata a cercarli (probabilmente nel monolocale zona via Baracca) per portar loro del cibo, non li aveva trovati. Erano già morti la domenica? Se fossero state esaminate le celle telefoniche, all’epoca della denuncia della figlia della coppia, Vittoria, almeno l’ultima ubicazione della coppia potrebbe essere chiara. Invece anche qui c’è molta nebbia. E le dichiarazioni contrastanti dei membri della famiglia Pasho, non aiutano, anzi. Per arrivare alla soluzione di questo giallo, c’è anche da tenere conto della doppia opzione relativa all’epoca dell’abbandono di quei corpi sezionati e avvolti nel domopak. Un dato pressoché certo è che quella carneficina è avvenuta in una casa, dove per altro i Pasho si erano messi a loro agio a giudicare da vestaglia e calzini indossati da Teuta. Se i corpi fossero rimasti nascosti, è necessario anche capire dove. Se sono stati invece abbandonati subito, c’è da decifrare perché proprio lì, a Sollicciano. Vicino, in tutti i sensi, al figlio Taulant, il proprietario della grossa somma di denaro da cui i suoi genitori non si separavano mai. stefano brogioni
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