Drusilla Foer: "Teatri chiusi? Resistiamo fino al vaccino"

Il personaggio teatrale ospite stamani della newsletter de La Nazione: "Il lockdown mi preoccupa perché chi governa sottovaluta la cultura". La ripresa? "Massima attenzione finché il vaccino non sarà stato distribuito"

Drusilla Foer

Drusilla Foer

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Firenze, 3 dicembre 2020 - Il testo che segue è contenuto in Buongiorno Firenze, la newsletter che dal primo dicembre La Nazione invia alle migliaia di persone che si sono iscritte alla community dei lettori. La newsletter, interamente dedicata alla città di Firenze, contiene uno sguardo alla giornata appena iniziata con il commento di un ospite (oggi, l'attrice, autrice Drusilla Foer), oltre a informazioni di attualità, la "buona notizia" e  suggerimenti per vivere la città.  Per ricevere via mail la newsletter clicca su  www.lanazione.it/buongiornofirenze  

 

Giù i sipari, volume spento, musei chiusi, cinema sbarrati. Il lockdown della cultura soffoca teatro e concerti ed ogni forma di spettacolo dal vivo. Sono off limits le esposizioni  d'arte e  i cinema. Restiamo a casa a placare il desiderio, ascoltando dischi,  scaricando brani dal web, acquistando film da vedere in tv, viaggiando nei musei dallo schermo del pc. Senza applausi, senza cori, senza l'emozione di imbattersi nel capolavoro dipinto o scolpito lì, a pochi metri. E sentirsi svenire. Lo stop alla cultura crea danni allo spirito e danni economici, non inferiori a quelli inferti alla ristorazione, di cui musei e spettacoli sono grandi procacciatori d'affari. È la paralisi della cultura. Che per Firenze è un colpo mortale e quasi l'espiazione di quel turismo esagerato, che la città  ha talvolta rimproverato a se stessa senza tuttavia rinunciarvi. Anzi. Boccheggiano il settore ricettivo, la ristorazione, l'intrattenimento. Stremato, chi, come la Tosca pucciniana, visse d'arte e vorrebbe camparci ancora. Il prossimo dpcm, fra le concessioni possibili non avrà la riapertura dei luoghi della cultura. Considerata, più  che sede di effettivo pericolo di contagio, come orpello di cui fare a meno. L'uomo è ciò che mangia, e veste, e consuma. Non ciò che riempie il suo spirito. Come vive, chi fa arte, il periodo di clausura dai teatri, dai concerti, dalle mostre? E cosa  aspetta o spera da chi ci governa? Lo chiediamo a un personaggio di fantasia, Drusilla Foer, autrice, attrice, signora animata da un artista in carne e ossa: l'eclettico fotografo e attore Gianluca Gori.

Drusilla Foer, cosa aspetta dal governo per il teatro e la cultura?

"Spero che si faccia di tutto per tutelare la salute, aspettando il vaccino".

Non che si riaprano gli spazi culturali?

"Chiudere i teatri non è solo la risposta a un'emergenza, ma la conseguenza della sottovalutazione del valore della cultura a favore di denaro e posizionamento sociale. Il lockdown nei teatri mi preoccupa sì, per ciò che provoca, ma anche per ciò che esprime".

Italia incolta.

"E' un paese sempre più povero economicamente e culturalmente. A Parigi ogni cinquanta metri c'è una libreria, in Italia un fast fashion e un fast food".

Firenze compresa.

"Dante la definiva miope e il futuro gli ha dato ragione: in centro non abita più nessuno, senza turisti c'è il deserto, solo alberghetti e b&b: non ho nulla contro l'imprenditoria agile, ma a tutto c'è un limite. Abbiamo un assessore alla cultura giovane, gli do fiducia, sperando che riporti l'arte contemporanea, oggi lasciata a pochi, eroici privati".

Firenze si è italianizzata. Ovunque è così.

"Appunto, il lockdown imposto al teatro è lo specchio di una cultura: a uno spettacolo non si va con la tosse in periodi di normalità, ora si è tutti volti nella medesima direzione, distanziati, con mascherina. Non è certamente un luogo a rischio. Ma si chiude, col pretesto che gli spettatori vengono e rientrano coi mezzi pubblici, dove è possibile infettarsi".    

Drusilla, come sopporta il lockdown?

"Comunico molto sul web, che però non sostituirà mai la scatola magica del teatro, il rapporto col pubblico, la fisicità di sentirsi vicini. Il primo lockdown, al netto dei morti e delle tragedie, fu l'occasione di rimanere a casa che mai ero riuscita a concedermi. Stavolta lo vivo con ansia. Anche se fra libro e progetto musicale ai quali sto lavorando, non sto mai ferma".

Cosa le secca di più?

"Il disinteresse verso la cultura, che accomuna chi governa e chi sta all'opposizione e si riflette nell'opinione comune che l'arte non sia lavoro.  Lo Stato sostiene esistano circa 700 mila operatori della cultura, in realtà ce ne sono altrettanti che, costretti da burocrazia e pressioni fiscali insensate, finiscono per lavorare un'intera serata suonando nei pub per trenta euro. La  cultura muove denari alla velocità con cui muove spiriti e coscienze, ma chi comanda pare non accorgersene". 

Immagini la riapertura. Scelga il teatro in cui ripartire.

"Non vorrei un teatro, ma una piazza all'aperto, in cui tutti ci abbracciassimo. Nel frattempo, non scaldiamoci al fuocherello del vaccino, Finché non sarà sperimentato e distribuito, facciamo finta che non esista".     

Piero Ceccatelli

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