"Covid, soggetti fragili sono ancora a rischio"

Il professor Francesco Menichetti spiega le nuove terapie con monoclonali e antivirali per proteggere i pazienti più deboli

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"I contagi stanno calando. E i mesi estivi non sono favorevoli alla diffusione dei virus respiratori. Ma ciò non vuol dire che la battaglia sia finita, specialmente per i pazienti più fragili".

Il professor Francesco Menichetti, infettivologo e presidente Gisa, il gruppo Italiano Stewardship Antimicrobica, mette in guardia dai rischi delle varianti al Covid 19, specialmente la Omicron, di cui sul nostro territorio circolano almeno cinque sottovarianti.

Professor Menichetti, dopo tante restrizioni, su cosa dobbiamo continuare a fare particolare attenzione?

"Intanto è bene continuare ad essere prudenti, a non gettare alle ortiche le mascherine e a non perdere il nuovo galateo imparato nel periodo della pandemia. Tutto ciò specialmente per coloro che sono soggetti più a rischio".

Chi sono i pazienti più fragili?

"Sono per esempio le persone con sistema immunitario compromesso per vari motivi, i quali potrebbero non sviluppare una risposta adeguata ai vaccini contro il virus. Inoltre, in caso di infezione, sono loro a maggior rischio di esiti negativi da Covid-19, perché la loro capacità naturale di combattere gli agenti patogeni è più bassa".

Per loro cosa si consiglia?

"Oltre allo scudo vaccinale, in questo lasso di tempo siamo stati in grado di mettere a punto importanti terapie antivirali e monoclonari. In Italia è disponibile una combinazione, un cocktail a lunga durata di tixagevimab e cilgavimab, che ha dimostrato di ridurre dell’83% il rischio di sviluppare la malattia in forma sintomatica, con una protezione che continua per almeno sei mesi dopo una sola dose".

In quali centri è possibile ottenere questo trattamento?

"In Toscana ci sono numerosi centri e ambulatori a cui rivolgersi e dove si prendono in cura i pazienti. E’ bene sapere però che serve un percorso di selezione, che passa dal medico di medicina generale allo specialista delle diverse patologie che possono interessare il paziente, e chiaramente l’infettivologo. Da tenere presente poi che per accedere alla terapia il paziente deve risultare negativo al virus".

Come avviene la somministrazione di questi nuovi farmaci?

"Si tratta di due semplici iniezioni intramuscolari. I monoclonari sono un presidio terapeutico che possiamo definire medicina di precisione, disegnata sul profilo del virus, che sappiamo appunto è capace di svilupparsi in molte varianti. Ma, specialmente con l’Omicron, ci siamo accorti che gran parte dei monoclonari a disposizione non avevano un’attività significativa. Ecco perché si saluta con particolare piacere la disponibilità di questo nuovo cocktail da somministrare come profilassi".

Secondo lei è sottostimata la protezione ai soggetti più fragili?

"Sì, credo che sia largamente sottostimata. E bisognerebbe lavorare per allargare le maglie dei protocolli per consentire a più persone di accedere a questa opportunità terapeutica".

Olga Mugnaini