Covid e mezzi pubblici, parlano i pendolari: "Il distanziamento? Non sempre c'è"

Firenze, viaggio tra la gente che va e torna da lavoro

Il nostro servizio tra i pendolari

Il nostro servizio tra i pendolari

Firenze, 16 ottobre 2020 - L’improvvisa impennata di contagi da coronavirus inizia a spaventare ma non ferma le persone nella loro quotidianità, soprattutto se parliamo dei mezzi del trasporto pubblico.

Alla fermata della tramvia di piazza Santa Maria Novella e a quella dietro la stazione c’è il solito via vai, soprattutto negli orari di punta, di chi è “costretto” a prenderla almeno due volte al giorno per motivi di lavoro, e chi invece solo per spostarsi da una parte all’altra della città in determinati giorni della settimana. Stessa storia per gli autobus di linea.

La paura c’è, in particolare negli ultimi giorni in cui i casi in Toscana hanno sfiorato quota 600, 200 solo a Firenze. Ma non è così forte come all’inizio, subito dopo il lockdown, quando «non si sapeva bene come sarebbe stata la ripresa della normalità, così come non c’è la stessa prudenza che c’era all’inizio».

A dirlo è Sara che viene dal Marocco e vive qui a Firenze da tantissimi anni. «Vedo molte persone in autobus che hanno la mascherina abbassata sul mento – continua - è difficile anche tener separati i bambini e i ragazzi che spesso salgono in gruppo. Io sinceramente non ho paura di prendere i mezzi di trasporto. L’importante è indossare la mascherina, usare l’igienizzante e mantenere le distanze per quanto è possibile». Già le distanze. E’ quello il problema, come afferma anche Barbara che lavora in un asilo.

«E’ chiaro che in tramvia c’è questo problema e non è possibile stare troppo lontani gli uni dagli altri. Prima era possibile l’alternanza dei posti a sedere. Oggi non c’è più nemmeno quella». C’è chi poi come Francesco la prende con filosofia: «Io non posso saltare una corsa perché altrimenti faccio tardi a lavoro, ma credo che se tutti adottiamo le misure di sicurezza possiamo stare un po' più tranquilli. Poi io sono anche fatalista perché lavoro in un supermercato e ho a che fare con la gente tutti i giorni».

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