Coronavirus, settore dei bus turistici in ginocchio: a rischio 25mila posti di lavoro

L'allarme arriva dal Comitato bus turistici italiani, primo raggruppamento di aziende del settore in Italia che, attualmente, coinvolge circa duecento operatori

Bus turistici sul lungarni a Firenze (foto repertorio)

Bus turistici sul lungarni a Firenze (foto repertorio)

Firenze, 2 aprile 2020 - Quasi 25.000 posti di lavoro a rischio ed attualmente fermi, altrettante famiglie potenzialmente senza un sostentamento, 6.000 imprese in Italia bloccate ed un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro azzerato. Sono questi i dati della crisi legata alla pandemia da coronavirus, che ha messo in ginocchio il settore dei bus turistici a noleggio.

L'allarme arriva dal Comitato bus turistici italiani, primo raggruppamento di aziende del settore in Italia che, attualmente, coinvolge circa duecento operatori. Stando ai calcoli fatti dal comitato, gli oltre 25.000 bus che viaggiano sulle strade ed autostrade italiane, percorrendo ogni anno 1,7 miliardi di chilometri nel Paese, consumano ben 450 milioni di litri di carburante. Tradotti in mancati introiti, si tratta di 270 milioni di accise che non arriveranno allo Stato, oltre ad ulteriori 100 milioni non incassati direttamente dai comuni attraverso i tickets bus. "Soldi che metteranno in crisi i bilanci di molte amministrazioni locali", si fa notare in un comunicato. "Senza contare altri settori collegati ai bus come guide, accompagnatori, officine, carrozzieri, costruttori, assicurazioni, gommisti, elettrauto e quant'altro. Oppure gli investimenti riferiti al rinnovo del parco autobus, che ogni anno genera un immatricolato di 750 bus, con un fatturato totale di circa 220 milioni di euro". Secondo il comitato, quindi, "i 25 miliardi di euro di interventi stanziati complessivamente dal governo non saranno sufficienti a nemmeno a fronteggiare la crisi del solo settore turistico".

I primi a fermarsi, come settore e, stando alle parole del presidente del comitato, Riccardo Verona, "presumibilmente saremo anche l'ultimo a ripartire. Il nostro settore non viene considerato a dovere da opinione pubblica ed istituzioni. Per questo abbiamo deciso di far sapere i numeri reali che travolgono il nostro segmento e, di conseguenza, anche indotto, casse dello Stato e bilanci dei comuni". Ora, aggiunge, "chiediamo al governo interventi mirati e decisi", perche' serve "almeno il doppio" dei 25 miliardi messi sul piatto dal 'cura Italia'.

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