Firenze, 11 settembre 2018 - Dall'apocalittico rimprovero del Savonarola all’affettuoso se pur fermo richiamo di Giorgio La Pira. Gli striscioni col volto del frate ferrarese arso sul rogo e del sindaco santo hanno sfilato per la città, insieme al corto dei manifestanti che si oppongono alla chiusura del convento di San Marco. Il corteo era piccolo, ma la battaglia è grande e sostenuta con forza da più di ventimila persone, che da mesi e mesi si battono per salvare un luogo della fede e dell’arte, della cultura e dello spirito. E domani, i comitati per San Marco, porteranno la richiesta fiorentina anche all’attenzione di Papa Bergoglio.
Nonostante l’impegno della stessa Diocesi e dell’arcivescovo Giuseppe Betori, il destino dello storico convento domenicano, finanziato da Cosimo il Vecchio, ristrutturato da Michelozzo e affrescato dal Beato Angelico, pare segnato. Da tempo l’ordine domenicano ha decretato la chiusura della piccola comunità, visto che negli ultimi anni sono rimasti solo quattro frati a vivere nella struttura.
Per loro è stato deciso il trasferimento nel vicino complesso di Santa Maria Novella, così come per la biblioteca, che diventerà un fondo collegato a quella di Santa Maria Novella. Si assicura che in ogni caso continueranno le funzioni religiose. Mentre nulla cambierà per il museo che fa parte del ministero dei Beni culturali e quindi completamente indipendente dalle vicende del convento.
Per ricordare ancora una volta che cosa Firenze rischia di perdere, ieri il corteo è partito da piazza San Marco e attraversato il centro storico, fermandosi davanti alla sede dell’arcivescovado, in piazza San Giovanni, di fronte alla chiesa di San Procolo e alla Badia Fiorentina.
«La soppressione è stata ordinata dal Maestro Generale dell’Ordine Domenicano, Bruno Cadoré, su esplicita e reiterata richiesta della Provincia domenicana a cui il convento appartiene – spiega uno dei più attivi sostenitori della battaglia –. Dei frati residenti in San Marco uno è già stato spostato al convento di Perugia, mentre altri due aspettano di trasferirsi al convento di Santa Maria Novella, abbandonando incustodito il complesso monumentale di San Marco e mantenendo in chiesa una presenza ridotta ai minimi termini. Tutti coloro che conoscono La Pira, comprendono quanto sia contraddittorio esaltare il “sindaco santo”, ormai vicino alla beatificazione, e contemporaneamente chiudere il convento che lo stesso La Pira ha abitato ed esaltato innumerevoli volte. Inoltre la chiusura del convento e la conseguente presenza ridotta dei frati nella chiesa, dove è sepolto il “sindaco santo”, nuoce al processo di beatificazione, in quanto riduce l’assistenza spirituale ai fedeli che si recano a pregare sulla tomba di La Pira».
Il cardinale Giuseppe Betori ha fatto sapere ai manifestanti di aver fatto tutto il possibile: «Quanto era nelle possibilità dell’Arcivescovo, nelle forme proprie del suo ministero episcopale – ha scritto ai manifestanti –, è già stato compiuto a più riprese e in diverse sedi».
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