"Con mio padre, le smanie della villeggiatura". Vita spericolata di Paolo Migone & family

"Avevamo una roulotte: sopra la macchina c’era la barca a vela con dentro un canotto". L’estate-tipo con una fidanzata di nome Mario

Paolo Migone

Paolo Migone

Firenze, 22 agosto 2021 - "Il comico è come un pesce rosso: più gli cambi l’acqua, più vive. Abbiamo, cioè, sempre bisogno di acqua pulita. Ed acqua pulita, per noi, significa girare. Parlare con la gente. Incontrarla. Noi raccontiamo quel che viviamo. Più viviamo, dunque, più siamo in grado di raccontare cose sempre diverse". Occhio nero, camice bianco da scienziato pazzo, capelli a cespuglio, un look che forse gli ha copiato la pubblicità di quell’esercito di Einstein che reclamizza un discount: Paolo Migone con Firenze ha più di un semplice di rapporto affettivo. Con Riccardo Massai del Teatro Antella da tempo condivide progetti che qui lo portano. Dagli esordi non ha mai cambiato il personaggio che l’ha reso famoso. Perchè funziona: "Anche se – dice – ho riposto quel camice bianco con il quale sono stato insieme per anni ed è stato un segno distintivo. L’avevo pensato come un modo per farmi ricordare dal pubblico". La parola estate ha significato anche per un comico.

Migone, se le dico villeggiatura, qual è il suo primo ricordo?

"Quello di mio zio professore di latino e greco che mi ospitava in Trentino per mesi: credo che siano stati gli anni più belli della mia vita. Pochi giorni fa ero ad Aosta, ed è stato un tuffo al cuore: le montagne, quei colori, l’aria. Tutto mi ha fatto tornare indietro ai momenti spensierati assieme ai miei cugini".

Andava in vacanza senza genitori?

"Sono stati anni diversi. Mio padre negli anni ’60 aveva una roulotte e da Livorno ci portava all’Elba, vicino a Portoazzurro, quando ancora non era di moda tra gli italiani neppure andare all’Elba. Mio padre è stato un pioniere, uno all’avanguardia: ricordo che nei campeggi c’eravamo quasi solo noi, che si arrivava con la barca legata sopra il tetto della macchina e ben stipati: bagagli e tre figli nati a distanza ravvicinata".

Cosa ha imparato da quelle villeggiature?

"A essere una famiglia mobile. Mio padre era un giovane ingegnere della Pirelli di Genova. Mia madre, Maria Teresa, donna di casa che ha sempre seguito le scelte azzardate di lui, Giorgio, che era uno sportivo, tennista e schermitore. Loro due hanno vissuto fino ai 95 e 96 anni. Ho avuto anche una nonna che è arrivata a 101 anni: mi sento un giovane elefantino".

La sua estate-tipo, Migone?

"Era un po’ sempre all’avventura. Avevamo una macchina station vagon: il canotto gonfiato nella roulotte, mi dava il senso dell’attesa che qualcosa di bello sarebbe accaduto. Mio padre era fissato con cercare posti posti nuovi, spesso inesplorati. Gli piaceva andare alla ricerca e avventurarsi, questo lo ha trasmesso, in parte, anche a me. Io sono nato a San Paolo del Brasile perchè mio padre preferì il Brasile invece di andare a lavorare a Milano. Mi ricordo che da piccoli ci portava in spiagge infinite e bianchissime".

Un padre così e un figlio come lei che sembra tutto meno che temerario.

"Mi ha insegnato ad andare in barca a vela, ricordo che ci aveva messo un motore piccolo piccolo per sicurezza. Con lui la villeggiatura non era mai uguale non di anno in anno: di ora in ora. Aveva voglia continua di cambiamento. Per questo mi sono arreso: so che dentro di me ci sta un Dna molto ricco, non elicoidale ma a forma di gomitolo. Avevo una nonna napoletana, la mamma era nata a Bra, vicino a Cuneo per cui piemontese e l’altra nonna era di La Spezia. Un fratello è nato Milano e l’altro come me in Brasile. Devo a mio padre molte cose oggi, dall’apertura mentale al saper governare una barca a vela".

Baby Migone con cosa si divertiva?

"Con gli amici a fare qualunque gioco che inventavamo: sono stato un bimbetto da cortile. Era facile fare amicizia con altri ragazzini del campeggio e lì dentro eravamo totalmente autonomi. Il nostro divertimento preferito era smontare e rimontare le nostre biciclette. Ci scambiavamo le ruote, i campanelli, i manubri creavamo degli incredibili ibridi. Poi mi piaceva andare alle boe dove erano ormeggiate barche e gommoni e ci ormeggiavo anche la mia, solo che era un giocattolo. Mi divertiva vederla galleggiare lunga venti centimetri, piccolissima in mezzo a quelle grandi e vere".

Primi amori estivi a che età?

"Avevo una fidanzatina a cui avevo dato un falso nome: la chiamavo Mario e faceva roccia. Era una spericolata che amava la montagna e fare roccia. Si arrampicava con delle funi e le scarpe da ginnastica. Mario, un nome che le stava bene".

A che età ha scoperto di essere un comico?

" Sono sempre stato ironico anche alle elementari facevo ridere i mie compagni. I seri che non fanno ridere sono sempre noiosi. Ricordo che mi venivano a vedere agli esami anche i professori annoiati che si divertivano perche facevo un sacco di battute".

Adesso?

"Sono uno splendido 65enne, che sarebbe da pensione. Ma non ci vado".

Di sua madre in villeggiatura che ricordo ha?

"Che mi vestiva come non avrei voluto: con i pantaloni alla zuava, le calze di cotone, i sandali con gli occhi. Poi mi cospargeva di Prep contro le zanzare e contro tutto, e puzzavo da morire. E così invece di andare dallo psicologo, ho preferito sfogarmi sul palcoscenico".

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro