Firenze, la crisi nera del centro. Chiudono sempre più negozi. "Tanti vicini al baratro"

In città già oltre trecento cessazioni di attività. Molte sono appese alla speranza della ripartenza. Confesercenti: «Cambierà un'insegna su tre»

La protesta dei commercianti in via Guicciardini lo scorso novembre

La protesta dei commercianti in via Guicciardini lo scorso novembre

Firenze, 1 aprile 2021 - Si sbriciola piano piano il tetto commerciale del centro – quello che ha sempre protetto nel suo guscio la Firenze delle botteghe da ogni guaio economico del mondo – e con le saracinesche vengono giù ogni giorno pezzi di storia sempre più grossi. Il guaio è che, come profetizza Confesercenti, il rischio che a breve venga giù tutto di schianto è tutt’altro che remoto («Le cessazioni di attività a Firenze sono circa 350, ma le imprese a un millimetro dal baratro potrebbero essere quasi quattromila» sintetizza il presidente dell’associazione Claudio Bianchi).

E così, mentre ci aggiriamo con gli occhi stupefatti tra via Calzaiuoli e il Corso, tra piazza della Repubblica e via dei Cerretani, all’ombra del Duomo, strade quasi sospese nel tempo in uno spazio che pare post atomico facciamo i conti con numeri che sono cazzotti nello stomaco: più di 350 negozi chiusi, una trentina di ristoranti con i fornelli spenti per sempre, oltre duemila punti food con il destino appeso a un filo. «Il fatto – ci spiega ancora Bianchi – è che non abbiamo neanche noi il polso esatto della situazione. E questo perché gran parte delle imprese vivono in una sorta di limbo pur essendo a un passo dal tracollo».

«Mi spiego meglio – prosegue – Dal momento che mutui e pignoramenti sono sospesi, in molti aspettano sperando che le cose possano all’improvviso migliorare. Anche perché portare i libri in tribunale costa molto...». E quindi accanto a nomi roboanti che si sono già arresi – da Fossil in piazza Signoria a Moreschi, da Carpisa a Guidoreni – ci sono centinaia di ’zombie’ in attesa. «Una previsione? Alla fine di tutto questo il 30% delle attività avrà un’insegna diversa rispetto a ora – sospira Bianchi – E questo non vuol dire che cesseranno di esistere ma che cambieranno le gestioni, anche due tre volte, prima di prendere lo schiaffo forte».

Già, perché secondo gli addetti ai lavori non c’è ripresa che (eventualmente) posssa tenere. Un modello di centro storico creato ad uso e consumo del turismo di massa non potrà più reggere com’era prima della pandemia. «Alla fine dei conti, con la grande rendita parassitaria fiorentina che non vuole abbassare gli affitti, soltanto i grandi marchi hanno le forze per resitere» dice Massimiliano Bianchi, Filcams Cgil. Anche per il sindacato non è semplice analizzare chirurgicamente questa fase drammatica perchè «il dato è drogato dal blocco dei licenziamenti ancora in atto». Per l’esponente della Cgil Firenze «andrà ripensata» come «una città aperta sì al turismo ma non più disposta a farsi sbranare».

«La logica della rendita porta inevitabilmente allo spopolamento del centro storico dal quale i fiorentini stanno sparendo» spiega ancora. La pandemia, di fatto, ha tolto i vestiti a Firenze e l’ha mostrata alla sua gente nuda. Prova ne è che le zone in ginocchio sono il Duomo, San Lorenzo e Santa Croce, le aree cioè ormai votate solo al turismo di massa. Chi tiene botta? I rioni dove resiste un minimo di residenza, l’Oltrarno e, in parte, Sant’Ambrogio.

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