Monsignor Giovanni Paccosi appena proclamato vescovo: è festa in cattedrale

di Duccio Moschella  Oltre duemila fedeli, per la precisione 2.200, che hanno riempito la cattedrale di Santa Maria del Fiore come non si vedeva da anni, hanno salutato con un grande applauso l’ordinazione episcopale di monsignor Giovanni Paccosi, nuovo vescovo di San Miniato. Erano le 17,45 quando il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori ha consegnato il Pastorale all’ormai ex parroco della chiesa di Gesù Buon Pastore a Casellina e dal 26 febbraio successore di monsignor Andrea Migliavacca alla guida della chiesa della provincia pisana. "Voglio già bene al popolo di San Miniato. Spero di non essere troppo indegno del compito che il Papa mi affida": ha detto monsignor Paccosi nei saluti finali, tra gli applausi convinti del sindaco Simone Giglioli, presente in Duomo insieme al primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, al governatore Eugenio Giani, al senatore Matteo Renzi, amico di vecchia data del vescovo Giovanni e del fratello Luigi Paccosi, presidente di Montedomini, oltre a Marco Carrai, numero uno di Toscana Aeroporti, anche lui ieri in Cattedrale, gremita di tanti esponenti del movimento di Comunione e Liberazione, oltre ai fedeli vecchi e nuovi del cammino sacerdotale dei neovescovo.  Nel suo ringraziamento, monsignor Paccosi ha citato le parole di don Luigi Giussani, fondatore di CL, sulla vita come risposta a una chiamata, per lui arrivata a 16 anni. Poi i ringraziamenti: ai confratelli vescovi - che hanno concelebrato in 13, oltre a quattro cardinali, la sua ordinazione - preti, amici e familiari. Tanti che "hanno condiviso con me l’avventura della fede". Ha ricordato il cardinale Benelli, il cardinale Piovanelli che lo ha ordinato prete e lo ha inviato in missione in Perù, il cardinale Bassetti "che è stato per me un padre", ma soprattutto monsignor Andrea Bellandi, concelebrante principale con monsignor Migliavacca della liturgia presieduta dall’arcivescovo Giuseppe Betori, e suo confratello anche nell’episcopato. Più commosso il riferimento a un altro amico: don Paolo Bargigia "che essendo il più furbo di tutti, - ha detto con la voce rotta dall’emozione - è già in Cielo", innescando un’altra esplosione di applausi. La conclusione, in spagnolo, è stata dedicata ai fedeli della parrocchia di Lima, dove don Giovanni è stato 15 anni, e a tre Santi della porta accanto: "Una signora in carrozzina di Scandicci, una vecchietta inferma a Lima, una donna che viveva in una baracca di cartone e pregava ringraziando il Signore", senza dimenticare un ricordo affettuoso degli incontri con don Giussani, con Giorgio La Pira e con don Divo Barsotti, "che mi disse: “Un giorno sarai vescovo“". "Lo sguardo di un pastore - aveva anticipato nell’omelia il cardinale Giuseppe Betori - non può fermarsi alle soglie della comunità, ma deve abbracciare tutte le situazioni in cui la vita e la sua dignità sono poste in pericolo". "Il popolo che ti è affidato deve poter trovare in te, caro don Giovanni - ha detto ancora Betori -, un padre che accoglie e un fratello, che cammina non solo avanti ma anche accanto. Siamo qui, caro don Giovanni, a implorare tutto questo per te. Lo fa con noi tutta la Chiesa fiorentina, che ti ha visto crescere, si è arricchita della tua giovinezza di prete, ti ha inviato in missione, ti ha riaccolto affidandosi alla tua intelligenza e dedizione pastorale ed è stata testimone della fraternità con cui hai accompagnato il caro don Paolo Bargigia nel mistero della sofferenza, ora ti ringrazia per il dono che tu sei stato per noi, per me in particolare, che ti ho avuto sapiente, generoso e fraterno collaboratore".

Cronaca

di Duccio Moschella

Oltre duemila fedeli, per la precisione 2.200, che hanno riempito la cattedrale di Santa Maria del Fiore come non si vedeva da anni, hanno salutato con un grande applauso l’ordinazione episcopale di monsignor Giovanni Paccosi, nuovo vescovo di San Miniato. Erano le 17,45 quando il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori ha consegnato il Pastorale all’ormai ex parroco della chiesa di Gesù Buon Pastore a Casellina e dal 26 febbraio successore di monsignor Andrea Migliavacca alla guida della chiesa della provincia pisana. "Voglio già bene al popolo di San Miniato. Spero di non essere troppo indegno del compito che il Papa mi affida": ha detto monsignor Paccosi nei saluti finali, tra gli applausi convinti del sindaco Simone Giglioli, presente in Duomo insieme al primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, al governatore Eugenio Giani, al senatore Matteo Renzi, amico di vecchia data del vescovo Giovanni e del fratello Luigi Paccosi, presidente di Montedomini, oltre a Marco Carrai, numero uno di Toscana Aeroporti, anche lui ieri in Cattedrale, gremita di tanti esponenti del movimento di Comunione e Liberazione, oltre ai fedeli vecchi e nuovi del cammino sacerdotale dei neovescovo. 
Nel suo ringraziamento, monsignor Paccosi ha citato le parole di don Luigi Giussani, fondatore di CL, sulla vita come risposta a una chiamata, per lui arrivata a 16 anni. Poi i ringraziamenti: ai confratelli vescovi - che hanno concelebrato in 13, oltre a quattro cardinali, la sua ordinazione - preti, amici e familiari. Tanti che "hanno condiviso con me l’avventura della fede". Ha ricordato il cardinale Benelli, il cardinale Piovanelli che lo ha ordinato prete e lo ha inviato in missione in Perù, il cardinale Bassetti "che è stato per me un padre", ma soprattutto monsignor Andrea Bellandi, concelebrante principale con monsignor Migliavacca della liturgia presieduta dall’arcivescovo Giuseppe Betori, e suo confratello anche nell’episcopato. Più commosso il riferimento a un altro amico: don Paolo Bargigia "che essendo il più furbo di tutti, - ha detto con la voce rotta dall’emozione - è già in Cielo", innescando un’altra esplosione di applausi. La conclusione, in spagnolo, è stata dedicata ai fedeli della parrocchia di Lima, dove don Giovanni è stato 15 anni, e a tre Santi della porta accanto: "Una signora in carrozzina di Scandicci, una vecchietta inferma a Lima, una donna che viveva in una baracca di cartone e pregava ringraziando il Signore", senza dimenticare un ricordo affettuoso degli incontri con don Giussani, con Giorgio La Pira e con don Divo Barsotti, "che mi disse: “Un giorno sarai vescovo“".
"Lo sguardo di un pastore - aveva anticipato nell’omelia il cardinale Giuseppe Betori - non può fermarsi alle soglie della comunità, ma deve abbracciare tutte le situazioni in cui la vita e la sua dignità sono poste in pericolo". "Il popolo che ti è affidato deve poter trovare in te, caro don Giovanni - ha detto ancora Betori -, un padre che accoglie e un fratello, che cammina non solo avanti ma anche accanto. Siamo qui, caro don Giovanni, a implorare tutto questo per te. Lo fa con noi tutta la Chiesa fiorentina, che ti ha visto crescere, si è arricchita della tua giovinezza di prete, ti ha inviato in missione, ti ha riaccolto affidandosi alla tua intelligenza e dedizione pastorale ed è stata testimone della fraternità con cui hai accompagnato il caro don Paolo Bargigia nel mistero della sofferenza, ora ti ringrazia per il dono che tu sei stato per noi, per me in particolare, che ti ho avuto sapiente, generoso e fraterno collaboratore".

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