Chianti, non solo filari di vino L’importanza delle colture ‘altre’ per la conservazione del territorio

Il Biodistretto del Chianti preso a modello europeo. È infatti fra i 15 casi di studio selezionati tra i Paesi partecipanti al progetto europeo Uniseco che riguarda la sostenibilità nella filiera agroalimentare. Il progetto analizza l’area del Chianti Classico, ad alta vocazione vitivinicola associata a un turismo rurale sviluppato, "ma minacciata – secondo il Crea (Centro per la ricerca in agricoltura) – dalla pluridecennale intensificazione della viticoltura e dall’abbandono dei terreni marginali e il conseguente avanzamento del bosco. Qui la superficie coltivata a biologico è pari al 33% di quella agricola complessiva, ben oltre il dato regionale e nazionale".

Il Crea ha analizzato alcune strategie assieme al Biodistretto del Chianti, associazione che unisce operatori del biologico, amministratori locali e altri attori della filiera agroalimentare per promuovere il passaggio verso un sistema agricolo più sostenibile e resiliente. Per favorire questo processo si sono dimostrate cruciali l’adozione di pratiche sostenibili quali l’inerbimento interfilare nelle colture permanenti, il monitoraggio delle coltivazioni, il compostaggio a piccola scala e la coltivazione con metodo biologico, in grado di ridurre la perdita di biodiversità e le emissioni di gas serra. Ma anche la diversificazione colturale, perseguita attraverso il recupero dell’olivicoltura nelle aree più marginali e l’introduzione di seminativi e orticoltura nei terreni in via di abbandono.

Andrea Settefonti

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