’Catcalling’, voce del verbo imbroccare Il dibattito è nato qui, con una foto, 70 anni fa

Il ricordo del celebre scatto a una giovane americana a passeggio in piazza della Repubblica nel ’51. Un’immagine storica diventata attualità

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di Stefano Cecchi

Aurora Ramazzotti e il popolo di internet l’hanno scoperto adesso, ma a Firenze se ne discute da almeno 70 anni. Certo, allora lo chiamavamo "pappagalismo", ora invece lo si indica come "catcalling", termine inglese che richiama il lamento notturno dei gatti, ma la sostanza è sempre quella: "Il comportamento di chi infastidisce le donne con un corteggiamento inopportuno", nella definizione sintetica che ne dà il Garzanti. Per questo, credo non ci sia momento iniziale del dibattito sul catcalling più significativo di quello introdotto dalla foto scattata a Firenze giusto 70 anni fa, nell’ultimo tratto di via Roma che introduce a piazza della Repubblica. La foto si intitola An american girl in Italy, fu pubblicata su Cosmopolitan negli Usa e da allora si è prestata alle interpretazioni più varie, generando come vedremo traumi familiari, equivoci e scandali di costume.

Tutto ciò non lo poteva certo prevedere la fotoreporter 29 enne Ruth Orkin quando, la mattina del 12 agosto 1951, uscì dall’hotel fiorentino da un dollaro a notte con una missione precisa: realizzare un servizio sulle donne americane in viaggio all’estero dal titolo Don’t be afraid to travel alone, non abbiate paura a viaggiare sole. Con lei c’era Ninalee Allen, 23enne studentessa americana solare, bella, alta e luminosa. La modella ideale per quel servizio: "Tu cammina come la Beatrice di Dante sul marciapiede e io ti seguo", fu l’ordine che le diede Ruth. E Ninalee eseguì.

Ora: dal bacio di Doisneau alla ragazza afgana dagli occhi verdi di Steve M Curry, gli scatti destinati a restare nella storia hanno sempre avuto bisogno di una componente non programmata di spontaneità e casualità.

Anche quel mattino l’unica indicazione che la fotoreporter Ruth diede a quel gruppo di fiorentini appostato nei pressi del caffè Gilli, fu semplicemente: "Non guardate nell’obiettivo, poi fate come volete". E la naturalezza di quello scatto la cogli ancora oggi raccolta nel volto di Ninalee, madonna in sandaletti aperti e gonna al polpaccio, che incede imperturbabile a dragare quella folla di sguardi beceri, di fischi e di ammiccamenti volgari da maschio italiano. 35 secondi di posa, due scatti in tutto ed ecco il manifesto simbolo di quello che oggi chiamiamo catcalling e che nessuno mai più ha ritratto con tanta forza espressiva.

Già, il catcalling, l’ultima frontiera della violenza di genere. Sul modo di giudicare il fenomeno da sempre ci sono punti di vista diversi. L’autrice dello scatto, Ruth Orkin, ad esempio, ha sempre ha minimizzato l’aspetto molestia nel comportamento da lei ritratto: "In Italia è normale, i galantuomini sono più rumorosi degli uomini americani", scrisse nella didascalia a corredo della foto, arrivando perfino a giustificare il gesto, oggettivamente volgare, dell’uomo che si tocca il cavallo dei pantaloni: "In Italia è un gesto di buon auspicio, per cui io non l’ho visto come una volgarità".

Altri, invece, sono stati turbati da quello scatto, ritenendolo un bullismo di genere così umiliante per la donna al punto che due anni fa un ristorante di Filadelfia fu costretto a toglierlo dalla sala per le proteste di alcuni clienti. Un dibattito eterno, sul crinale fra molestia o goliardia maleducata, che non a caso si ripete anche oggi dopo la denuncia di Aurora Ramazzotti, pappagallizzata mentre faceva jogging.

Per questo è curioso sapere cosa ha pensato di tutto ciò la protagonista di quello scatto, ovvero Ninalee Allen, morta tre anni fa a Toronto dopo una vita segnata da quella foto. Costei, negli anni ‘60, si sposò con un vedovo di Treviso, il conte Achille Passi. Una famiglia all’antica, al punto che la madre del conte, quando vide la foto della nuora su un libro fotografico, chiese e ottenne di non vedere mai più pubblicato il suo nome per non dare scandalo.

Non solo. Nel 1970, dopo avere divorziato dal conte, Ninalee tornò in America e qui si risposò con un industriale americano, Robert Craig. Il quale, guardando la foto, riconobbe in uno dei ’pappagalli’ il suo socio d’affari italiano, quel Carlo Marchi fondatore della Mas di Bottegone, nei pressi di Pistoia. Disegni misteriosi del destino, che non sono mai dispiaciuti a Ninalee. Anzi: "Non so se quello scatto mi ha cambiato la vita – ha detto più volte – Di certo non é un simbolo di molestie e mi ha fatto divertire molto, assicurandomi una quantità incredibile di pasti gratis nei ristoranti italiani".

Un terzo punto di vista diverso, a certificare come il dibattito sul tema sia aperto e, probabilmente, lo sarà per sempre.

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