Bistecca e Unesco, Cecchini: "Sissignori, la nostra ciccia vale di certo un patrimonio"

Tutti d’accordo col sindaco. Con qualche distinguo. Le reazioni dopo la proposta di Nardella

La bistecca

La bistecca

Firenze, 14 settembre 2018 - «NON SERVIAMO fiorentine ben cotte. Rispettiamo le nostre tradizioni», si legge su una lavagnetta alla porta di un agriturismo di Firenzuola. Zona di produzione, e qui casca l’asino. Il primo. Chianina o Limousine? Marchigiana o Simmenthal? Prussiana o fassona Piemontese? «Non siamo razzisti, serviamo la carne migliore delle nostre selezioni», ha sempre proclamato senza infingimenti Dario Cecchini, il macellaio-poeta, il cicciaio toscano più famoso nel mondo. «I clienti americani puntano dritti dritti sulla Chianina, anche se gli spieghiamo che era carne nata per lavorare, quindi più tenace», racconta Simone Arnetoli, fondatore di Galateo Ricevimenti e ora anche di Regina Bistecca al Duomo, insomma uno spacciatore con i fiocchi visto che nel suo nuovo locale si servono bistecche di cinque varietà diverse di carne, e dentro c’è anche l’Angus, e allora i macellai, chissà…

Guelfi e Ghibellini anche sulla fiorentina, quella di ciccia, quell’altra (con la maiuscola, quella “del Ventisei”) non si discute, si ama e basta. Con qualche punto fermo. Primo: sotto i quattro diti è carpaccio, con buona pace per i milanesi che continuano a chiamare bistecca – e lo scrivono nei menu! – quelle braciolucce di carta velina che non fai a tempo nemmeno ad addentarle. Se ci sarà mai un disciplinare per la promozione nel Patrimonio Unesco, questo dovrà essere uno dei punti fermi, come le cinque “c” del cacciucco. E il secondo? Quello che si diceva in principio: niente fiorentine ben cotte. Sangue, ha da essere: di fuori croccante per la reazione di Maillard, grazie a una bella brace parecchio viva, ma dentro rosa tendente al rosso. E guai a bucarla, o a condirla, o a buttarla sulla griglia appena levata dal frigo, per non parlare della frollatura. Bistecca, e sai cosa mangi? Di sicuro, dopo i 5 anni di purgatorio – proprio Cecchini, nel suo regno di Panzano, celebrò il “funerale della fiorentina” un triste giorno di marzo 2001 – dovuti agli strali dell’Europa per via di “mucca pazza”, c’è da credere che qualcosa possa essere migliorato, che i controlli possano essere più attenti. Che si allevi secondo tecniche biologiche, come Valeria Bruni cura le sue 250 Limousine nei prati e nelle stalle di Bruscoli, Mugello, ormai primo polo nazionale per questa razza, «e questa idea di Nardella – dice – potrà dare tanto fiato alla nostra economia, anche se il vitellone non è solo bistecca».

E che bistecca sia, allora, «abbasso le insalate, mordetele con gioia», urla felice il solito Cecchini, e per fare rima si mette a parafrasare perfino Califano e canta «tutto il resto è soja, no non ho detto gioia, ma soja soja soja, maledetta soja…». Ci vorrà un disciplinare, Cecchini? «No. Ci vorrà appetito». Resta il dubbio: soda, tenace e saporosa, o tenera e dolcina come pare andar di moda oggi? «Se la vogliono tenerina – dice Arnetoli – noi consigliamo un filetto a parte». Guelfi e ghibellini, già.

Paolo Pellegrini

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