Operazioni chirurgiche Toscana, liste infinite. L'ipotesi: utilizzare i piccoli ospedali

La pesante situazione dei ritardi in Toscana. Allo studio della Regione il dirottamento nelle sale operatorie delle strutture che dovevano chiudere

Una sala operatoria

Una sala operatoria

Firenze, 5 settembre 2022 - La Regione è soddisfatta per i miglioramento sulle liste d’attesa per visite specialistiche ed esami strumentali ma preoccupata per il lentissimo recupero della mole di interventi chirurgici accumulati durante i due anni di Covid: con il finanziamento straordinario di 31 milioni, da marzo è partito il piano di smaltimento che avrebbe dovuto azzerare il problema entro la fine dell’anno. Ma da 37mila, gli interventi rimasti in sospeso sono ancora ben oltre i 30mila.

Sempre più toscani si operano "in trasferta"

Ora è in corso una nuova ripulitura delle liste, l’ennesima: le aziende sanitarie e ospedaliero universitarie richiamano tutti i pazienti per verificare che non siano presenti su più agende contemporaneamente e che abbiano ancora necessità: in effetti chi ha potuto permetterselo si è rivolto ai privati e tanti altri si sono affidati al sistema pubblico di Regioni vicine, in particolare per la chirurgia ortopedica, tra quelle che soffrono di più l’accumulo di ritardi. Va così che la Regione paga due volte: i propri professionisti e i rimborsi agli enti regionali coinvolti.

Proprio per affrontare il problema la Regione ha chiesto alle Asl e alle aziende ospedaliero universitarie di aumentare entro settembre il numero di interventi, tornando a una produttività almeno pari a quella del 2019, nell’era pre Covid.

Il fatto è che non è sufficiente chiedere più interventi agli ospedali. Benché ci siano tantissime sale operatorie inutilizzate nei nostri ospedali, soprattutto in quelli nuovi, non ci sarebbero né il personale né i posti letto disponibili ad accogliere i pazienti.

Tramontata ormai la ricetta varata dall’ex direttore dell’assessorato regionale al diritto alla salute Carlo Tomassini, si pensa a qualcosa di nuovo. Tomassini aveva ipotizzato di creare équipe multispecialistiche di sala operatoria (con chirurgo, anestesista, ferristi presi tra Asl e aziende ospedaliero universitarie) per fare interventi in base a una lista unica di area vasta. Di traverso, all’epoca (2019), si misero gli stessi professionisti e le aziende. Ciascuna voleva gestire le liste a suo modo e per proprio conto. Dicendo e ribadendo adesso che i pazienti non si vogliono spostare dal luogo di residenza o dalla lista del professionista scelto. Anche se non tutti scelgono il professionista, soprattutto per i piccoli interventi.

Quindi? Lo staff del direttore generale dell’assessorato alla salute, Federico Gelli, sta studiando un’idea da sottoporre alla politica. Il tema della chiusura dei piccoli ospedali è incandescente, soprattutto in campagna elettorale. Le resistenze da parte dei sindaci dei comuni degli ospedali coinvolti sono sempre fortissime. Però l’ipotesi ora è di concentrare, nelle sale operatorie dei piccoli ospedali aperti, come ad esempio il Serristori di Figline Valdarno e il San Pietro Igneo di Pescia, équipe specialistiche per la piccola chirurgia da day surgery (senza ricovero post operatorio) che potrebbe fare un grande numero di interventi, ad esempio per cisti ed ernie non complicate. Vedremo.