Argomenti troppo difficili per i referendum

Sandro

Rogari

È stato detto, a torto, che i cinque quesiti referendari di domenica fossero una vendetta dei politici contro i giudici, a trent’anni da tangentopoli. Non mi pare che il giudizio sia corretto. C’è un grosso problema che riguarda tutti e non rientra nella categoria dello scontro fra politica e magistratura, che pure in passato è stato vistoso. È l’inefficienza del sistema giudiziario che danneggia cittadini e magistrati che fanno il loro dovere ostacolati da mille paletti. Un sì plebiscitario ed efficace (più del 50% di voti espressi) ai cinque quesiti avrebbe risolto il problema? Non credo proprio. È materia troppo complessa per essere sciolta a colpi di referendum. Deve lavorare il Parlamento che ha la responsabilità di redigere norme che propizino la certezza della giustizia in tempi ragionevoli. Ma il punto non è questo. Mi ha incuriosito lo scostamento del voto dei fiorentini dalla media nazionale sui primi due quesiti. Per ricordare, il primo quesito era sulla incandidabilità degli amministratori condannati. I fiorentini hanno fatto vincere il no col 54,21%, mentre sul piano nazionale i no sono stati il 46,03%. Analogamente per il secondo quesito, sulla custodia cautelare. Il no ha vinto a Firenze col 50,9%, mentre ha perso sul piano nazionale con 43,88%. Il che, a mio parere, vuol dire due cose. La prima norma colpisce la classe politica e il quesito aveva una sua giustificazione. Si può essere condannati in primo grado e assolti in appello. Quindi sarebbe legittimo chiedere almeno due gradi di giudizio prima di escludere dalla gara elettorale. Ma ai fiorentini è parso corretto confermare la norma. Questo rappresenta la sfiducia verso la classe politica, non certo verso i giudici. E anche il no che è prevalso al secondo quesito è indicativo della fiducia nel fatto che i procuratori non abusino della custodia cautelare. Degli altri tre quesiti, due erano lunari. Solo un tecnico del diritto e profondo conoscitore dell’ordinamento può intervenire con un sino sul metodo della presentazione delle candidature al Csm e sulla valutazione dei giudici. Quanto alla separazione delle carriere fra magistrato inquirente e giudicante è sacrosanta, purché restino indipendenti entrambe.

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