Applausi al film di Pieraccioni Come a teatro

Titti

Giuliani Foti

Non succede quasi mai di vedere gente che applaude a fine film. Di qualsiasi film, a meno che non si tratti di una première a inviti, con cast schierato. Ma a volte accade, come l’altra sera al cinema Fiamma per l’ultimo lavoro di Leonardo Pieraccioni, "Il sesso degli angeli". Non una serata particolare, anzi. Una serata di mezza settimana a un orario ibrido: in una sala occupata a metà, a fine proiezione c’è stato un applauso lungo e sentito. Con la differenza che lì Pieraccioni non c’era e neppure il cast e che non eravamo a teatro. Un applauso meritato, al quale io e la mia amica Laura ci siamo associate perchè in qualche modo abbiamo visto il ritorno di quell’ingenuità naif che ha caratterizzato il primo Pieraccioni e il suo amabile personaggio cinematografico di bravo ragazzo un po’ imbranato alle prese con tentazioni che oggi non sono più grandi di lui, ma che esistono eccome. E che nel film vengono rese e stemperate con bonomia, senza pregiudizi, come pennellate di colore, come per togliere i contorni dalla tela di un quadro. Pieraccioni qui ha il ruolo di un sacerdote amico della sua comunità – la chiesa è quella di San Salvi – che lotta per il dialogo per l’ integrazione, e coi pochi mezzi che ha da prete, prova a fare attività di tutela del lavoro coinvolgendo anche gli ultimi. E lo fa bene, con quel suo tono distintivo, ’pieraccionesco’, cioè poetico, disincantato e diretto, mai imperativo, ma riflessivo e amicale. Sceglie di far fare un piccolo ruolo a Gaia Nanni e un cameo a Gabriella Ceccherini e fa bene, perchè sono attrici amiche e iconiche di cui si può fidare. Perchè è un percorso tortuoso, quello del cinema, che cambia attraverso gli anni ma non si affievolisce, e mette sempre alla prova. Ceccherini che fa lo zio fantasma- voce della- coscienza è un ruolo azzeccato e originale. Non voglio spoilerare un film da vedere e da applaudire anche alla prossima proiezione. Qui c’è Pieraccioni che protegge tra parole e modi l’universo femminile senza moralismi nè retorica. Essere registi è un’ipotesi di vita. Ma puoi essere regista e giocare a far finta di non saperlo: anche per questo, applausi Leonardo.

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