Afghanistan, Aidda scrive alla ministra Bonetti: "Disponibili ad aiutare le donne afghane"

Le imprenditrici in prima fila per avviare attività di inserimento professionale per le profughe. "Le donne rischiano di diventare, ancora, la prima vittima di un atto di potere"

Donne afghane

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Firenze, 24 gennaio 2021 - Le imprenditrici fiorentine tendono la mano alle donne afghane. “Siamo disponibili ad avviare per loro attività di inserimento professionale”. Per questo motivo la presidente di Aidda (associazione imprenditrici donne dirigenti di azienda), Antonella Giachetti, ha scritto alla Ministra Elena Bonetti.

“Voglio comunicarle la nostra completa disponibilità nei confronti del suo Ministero per ogni eventuale attività di supporto nella formazione professionale e nell’inserimento nel mondo del lavoro e nel sostegno nella frequentazione di corsi di lingua e di cultura italiana a favore di donne e ragazze afghane che arriveranno attraverso i corridoi umanitari”, si legge nella lettera.

“Quando negli anni Novanta - dice Giachetti, - i talebani eressero il loro regime in Afghanistan, una delle prime conseguenze fu la repressione indiscussa dei diritti femminili. Oggi il Paese è di nuovo di fronte a questa drammatica prospettiva. Le donne rischiano di diventare, ancora, la prima vittima di un atto di potere. Stiamo assistendo a un intero sistema di valori minacciato: l'accesso a spazi pubblici, scuole e lavori che potrebbe essere presto limitato o persino negato. L'oscurantismo che sta per abbattersi sul popolo afghano deve rappresentare un dramma per tutti gli Stati civili”.

“Siamo convinte che attraverso il suo Ministero - continua Giachetti nella lettera, - lei potrà agire al meglio affinché l’Italia non rimanga nell’immobilismo, ma anzi si attivi per creare le condizioni per corridoi umanitari per salvare donne e bambini. Siamo convinte anche che, con attività di formazione e inserimento lavorativo, oltre che aiutare la crescita e la formazione di queste donne e ragazze, si possa agevolare la formazione di una cultura che dall’esterno del Paese  possa aiutare chi rimasto in Afghanistan voglia costruire una società diversa”.

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