Firenze e la sua antica città sotterranea: alla scoperta dei segreti dell'acquedotto

Viaggio nelle antiche condutture tra memorie del passato e impianti moderni

L'acquedotto di Firenze, una vera e propria città sotterranea (New Press Photo)

L'acquedotto di Firenze, una vera e propria città sotterranea (New Press Photo)

Firenze, 2 settembre 2019 - Alcuni funzionano ancora e, 142 anni dopo la loro costruzione, restano fondamentali per rifornire di acqua interi quartieri. Altri sono ormai residui del passato, pezzi di archeologia industriale che raccontano la lungimiranza e la modernità della Firenze del 1877.

L’antico acquedotto cittadino è un mondo sotterraneo sconosciuto ai più, che solo raramente è stato aperto alle visite e reso accessibile. Eppure permette di fare un viaggio in luoghi ricchi di fascino e mistero, edifici di grande interesse architettonico, labirinti di cunicoli e gallerie che attraversano la città e, in alcuni casi, passano sotto l’Arno.

Negli ultimi anni, dopo il successo delle aperture straordinarie organizzate nel 2017, in occasione del 140esimo anniversario dell’acquedotto, e poi nel 2018, Publiacqua sta pensando di riaprire questi luoghi, anche in collaborazione con alcuni gruppi di appassionati, come i volontari dell’associazione «I Bastioni».

In attesa che succeda, abbiamo fatto un viaggio alla loro scoperta, insieme al presidente di Publiacqua Lorenzo Perra, al tecnico della zona fiorentina Mauro Moriani e all’architetto Marco Mugnai che da tempo collabora con l’associazione I Bastioni. Prima tappa alla Fabbrica dell’Acqua o meglio a quello che rimane di un’imponente opera completata nel 1877 di fronte alla torre di San Niccolò, in riva d’Arno. La struttura permetteva di sfruttare la forza del fiume, prima con turbine e poi con macchine più moderne, per spingere l’acqua prelevata all’Anconella, verso i serbatoi di Carraia, Pellegrino e La Querce. Poi, da qui, a caduta, il viaggio poteva proseguire fino alle case dei fiorentini, alle fabbriche e ai laboratori artigiani di tutta la città.

Solo nel 1963 la Fabbrica fu demolita, lasciando spazio ai giardini che si affacciano sul fiume. Ma ancora oggi Publiacqua ha la chiave delle stanze sotterranee che si estendono fino al livello del fiume e ancora più in basso. «Sotto la pescaia – spiega Mauro Moriani, tecnico della zona fiorentina di Publiacqua – esiste anche un passaggio che raggiunge la riva opposta dell’Arno. Più volte si è parlato di renderlo nuovamente percorribile, ma il progetto è molto complesso». Per ora bisogna limitarsi a percorrere le stanze emerse e semi-emerse, fra condotte giganti, tubature in parte ancora funzionanti, antichi macchinari erosi dalla ruggine e scale a chiocciola che scompaiono sott’acqua. Interamente accessibili sono i serbatoi di Carraia, protagonisti anche di varie aperture straordinarie.

Collocati all’Erta Canina, in una palazzina elegante, contengono due grandi cisterne capaci di accumulare più di 13mila metri cubi d’acqua. Da queste vasche enormi sormontate da archi e attraversate dalla nebbia sottile del cloro, vengono erogati ancora oggi dai 120 ai 200 litri al secondo sulle due direttrici di Arcetri e Pian de’ Giullari. Sulle colline opposte della città, sopra Le Cure, ecco il serbatoio della Querce, ancora funzionante. Più piccolo della Carraia offre però una vista mozzafiato su Firenze ed è un pezzo di storia: già nel ’500 qui arrivava l’acquedotto di Montereggi. Poco più in basso, sempre in zona Cure, c’è poi il serbatoio del Pellegrino, il più grande di Firenze.

Oltre a uno spettacolare edificio ottocentesco e a vari tunnel, ha due vasche enormi, per una capacità complessiva di 19mila metri cubi. «Sono luoghi bellissimi – spiega l’architetto Marco Mugnai – che pochi fiorentini conoscono, ma che col tempo vorremmo contribuire valorizzare». Anche perché sono vere e proprie finestre sul passato e sul presente della città. Raccontano una Firenze quotidiana, fatta di case e laboratori, gesti comuni e abitudini. Insomma la storia di tutti noi.

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