"Abbiamo litigato, poi ho ucciso mia sorella"

Marco Cintelli confessa e resta in carcere, ma il gip lo sottopone a una perizia psichiatrica. Confermato il movente ’economico’

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di Stefano Brogioni

FIRENZE

"Ho ucciso mia sorella Carla dopo un litigio per i soldi", ha ammeso ieri mattina Marco Cintelli, il 50enne di Signa che è in carcere da mercoledì sera con l’accusa di omicidio, aggiungendo che non era sua intenzione ucciderla.

Ma, come spiega il suo legale, l’avvocato Dario Fiorentino, l’interrogatorio di Cintelli è stato sofferto e condizionato dalle forti difficoltà personali in cui si trova. "Anche oggi (ieri, ndr) il signor Cintelli è apparso non lucido e poco presente a sé stesso - dice il legale -. Tanto che il gip ha disposto perizia per valutarne l’imputabilità e la capacità di partecipare al processo, la pericolosità sociale e la compatibilità col regime carcerario". L’incarico al perito, Niccolò Trevisan, scelto dal giudice Fabio Gugliotta, verrà conferito martedì. Nel frattempo, Cintelli resta in carcere in applicazione della misura che il giudice ha firmato ieri (il fermo non è stato convalidato perché eseguito "fuori dai casi consentiti") ma, aggiunge l’avvocato Fiorentino, "confido che presto possa uscire dal carcere per affrontare le sue problematiche psichiche".

La ricostruzione. Gli elementi forniti dall’idraulico portano gli inquirenti a collocare l’omicidio di Carla Cintelli domenica sera. Resta da capire dove il 50enne, residente a Ponte a Signa, abbia passato la notte successiva al delitto e quella di lunedì. Martedì pomeriggio, la moglie si è presentata dai carabinieri per denunciare la sua assenza da venerdì. Nella serata di martedì, è poi rientrato a casa. Mercoledì mattina, dopo aver appurato la morte di Carla, lo hanno rintracciato: era a casa, assieme al figlio di 24 anni e secondo il suo legale "dopo una nottata a riflettere su quanto accaduto stava per andare a costituirsi".

Il movente. I motivi “economici“ alla base della lite, scaturita nell’uccisione della 46enne di Signa, si sostanzierebbero nelle divergenze nella gestione della casa di via Don Minzoni 18, che i genitori, alla loro morte, avevano lasciato in eredità ai due figli. Carla, schiva fino a vivere da eremita sociale, non lavorava e quindi non riusciva a fronteggiare le spese di gestione di un appartamento gravato da utenze staccate e morosità abbastanza sostanziose per le loro tasche. Questa situazione era già stata oggetto di frizioni fra i due fratelli, a cui si aggiunge anche un momento non facile, sotto diversi aspetti, per Marco.

L’autopsia. L’ipotesi più probabile è che la donna sia stata soffocata, forse nel letto dove è stata trovata cadavere.

Sul corpo, ferite ed ecchimosi (anche in prossimità del collo) che sembrerebbero compatibili con un litigio. Il medico legale Susanna Gamba ha effettuato le operazioni autoptiche e si è presa 45 giorni per depositare le sue conclusioni al pubblico ministero titolare del fascicolo, Vito Bertoni.

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