di GIGI PAOLI
 

Firenze, 18 gennaio 2013 - UN BOCCONE da 710 milioni di euro (ma c’è chi dice quasi 900) finito anche in mano alla camorra e, soprattutto, servito in modo drammatico per la sicurezza dei fiorentini. E’ terribile lo scenario che emerge dalle carte dell’ inchiesta sul passante ferroviario dell’alta velocità a Firenze.

 

Nel decreto di sequestro c’è un passaggio durissimo dei pm Monferini e Tei: «I soggetti appartenenti alla stazione appaltanti Italferr ed Rfi, e quindi le società riconducibili alla holding delle Ferrovie, a fronte di un progetto del tutto carente in punto di adeguata valutazione dei costi e di soluzioni corrette dal punto di vista ambientale, perseguono in tutti i modi la realizzazione dell’opera considerando le condizioni i limiti e le procedure previste dalla legge un mero ostacolo da superare a ogni costo e non già un presidio di legalità e di tutela della salute pubblica e dei conti pubblici».

 

E QUELLE 413mila tonnellate di fanghi già smaltite? No problem: i fanghi e i rifiuti di scavo sarebbero addirittura finiti nella falda acquifera della città, secondo gli inquirenti. E ci ha pensato una ditta «strettamente vicina» alla camorra, ai Casalesi che si dividono tra fucili a pompa e colletti bianchi.

 

E ANCORA. Il monitoraggio in corso dei lavori di scavo o di consolidamento preliminare del terreno è stato fatto in modo da tale «da esporre a grave pericolo l’incolumità delle persone», «in modo del tutto insufficiente» e quindi «gravemente negligente proprio su un punto sensibile quale una scuola media con gli studenti in classe».

 

E’ IL CASO dello stabile della «Ottone Rosai», dove fra l’agosto e settembre 2011 avvennero crepe, distacchi di intonaco o parti di vetrate pericolose per ragazzi e insegnati. Ma i responsabili del cantiere Tav non andarono nell’immediatezza sul luogo del danno, anzi ci fu una falsa attestazione della data di rilevamento proprio perché Nodavia non venisse esposta alla contestazione dell’inadempimento. E la «talpa»? La mitica «Monna Lisa» che avrebbe dovuto scavare il grande buco al Campo di Marte? Sembrava un macchinario di ultima generazione, ma per i carabinieri del Ros appare solo come un ammasso di ferro che non sarebbe neppure stato in grado di bucare il sottoterra di Firenze perché montata con pezzi non originali e «con guarnizioni non in grado di sostenere la pressione dello scavo».

 

E MENO MALE che i lavori sono rimasti allo stato in cui sono perché un altro choc viene a leggere il capitolo d’indagine relativo al rivestimento interno delle galleria, i cosidetti ‘conci’ che, accusano gli inquirenti, «risultano prodotti in totale difformità rispetto ai requisiti di sicurezza contro la combustione e l’incendio con grave pericolo per l’incolumità delle persone se posati in opera». Sotto Firenze avremmo avuto un tunnel rivestito con materiale «concretamente pericoloso»: «Dai test ripetuti — spiega ancora la procura — si è manifestato evidente il fenomeno dello spalling, ossia di un collassamento della struttura dovuto al calore e al fuoco». Come accadde nella tragedia del tunnel del Monte Bianco, motivo per cui le norme di sicurezza sono state cambiate. Ma della sicurezza dei cittadini di Firenze, ai componenti dell’associazione a delinquere e ai 31 indagati, importava meno di zero.