Firenze, 17 ottobre 2012 - DIETRO la maschera dell’eccellenza c’era una setta dentro al Forteto. Dietro l’immagine artefatta di una struttura dove la magistratura e i servizi sociali s’inchinavano inspiegabilmente e facevano finire minori problematici di ogni sorta, c’era una silente associazione finalizzata a violenze proprio nei confronti di chi si doveva proteggere e curare. E nessuno, per decenni, se n’è mai accorto. O è stato costretto a voltare la testa altrove, soggiogato psicologicamente dal fondatore della struttura, quel Rodolfo Fiesoli riguardo al quale chi doveva vigilare «si dimenticò» addirittura di una condanna a due anni di reclusione, nel 1985, per maltrattamenti a una ragazza a lui affidata, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne. «E’ un processo unico nella storia della nostra Repubblica per la durata e la gravità dei fatti contestati», ammette il solitamente pacato procuratore aggiunto Giuliano Giambartolomei. «Dobbiamo capire come è possibile che tutti si fossero convinti dell’eccellenza del Forteto, che persone di quel tipo siano state trasformate in esempi per l’educazione dei giovani con tanta disinvoltura. Al dibattimento si scoprirà la vera storia del Forteto», gli fa eco il sostituto procuratore Ornella Galeotti, magistrato di grandissima esperienza nel settore delle fasce deboli e ora impegnata anche sul Forteto.

La chiusura dell’inchiesta è un clamoroso colpo di scena, seppur prevedibile. Non era infatti possibile, secondo gli inquirenti, che il fondatore della struttura Rodolfo Fiesoli (per mesi unico indagato e tutt’ora sottoposto all’obbligo di dimora a Pelago) potesse aver instaurato il sistema Forteto tutto da solo: violenze fisiche e psicologiche, abusi sessuali del fondatore (a Fiesoli ne vengono contestati cinque), maltrattamenti, separazione totale dal mondo esterno visto come «male assoluto», asservimento totale alle idee e ai bisogni del Profeta, così Fiesoli si faceva chiamare. E per chi rifiutava il sistema scattavano terribili ritorsioni, minacce di morte comprese. Così l’intero nucleo fondante del Forteto e gli attuali «pretoriani» del Profeta sono indagati per maltrattamenti nei confronti di 14 ospiti, piccoli e non, della comunità.

Sono 21: Francesco Bacci, Maria Angela Bocchino, Marco Ceccherini, Mariella Consorti, Marida Giorgi, Luigi Goffredi, Elena Lascialfari, Silvano Montorsi, Stefano Paolo Pezzati, Matteo Pizzi, Domenico Premoli, Gianni Romoli, Stefano e Sauro Massimo Sarti, Elisabetta Sassi, Luigi Serpi, Daniela e Maria Francesca Tardani, Elena Maria Tempestini, Andrea Turini e Marco Vannucchi. Elisabetta Sassi e il marito Doriano Sernissi, genitori affidatari di un bambino maltrattato, devono rispondere anche di omesso controllo, mentre Bocchino, Giorgi e Serpi sono accusati pure di sequestro di persona per aver chiuso in una stanza una giovane del Forteto per costringerla a «confessare» una relazione sentimentale. «Sarà un dibattimento drammatico e complesso, ma che scoperchierà tutto», spiegano gli inquirenti. E se comunque si sottolinea che «la comunità riusciva ad apparire completamente diversa da quello che era» — anche grazie ai sapienti rapporti che Fiesoli intratteneva con un certo mondo politico, istituzionale e finanche giudiziario — la procura non può tuttavia esimersi dal parlare anche di «negligenza non solo degli organi giudiziari, ma anche di tutto quel contesto che doveva coadiuvare gli organi stessi», ossia i servizi sociali. E tale è il fumus di quella condotta negligente portata avanti per decenni — cioè continuando a mandare minori sofferenti al Forteto in mano a chi di violenze si era già macchiato — che la procura ha trasmesso alcuni atti ai colleghi della procura di Genova, l’ufficio competente per procedimenti giudiziari riguardanti magistrati fiorentini.