Firenze, 3 agosto 2102 - Un mese di angherie, prepotenze, minacce, sputi contro le vetrine dei negozi. Commercianti costretti a chiudere qualche ora prima per evitare il peggio. Alla fine in San Frediano è esplosa la rabbia. E qualcuno, venerdì scorso intorno alle 20, ha infilato una manciata di giornali in un secchio, gli ha dato fuoco, e ha fatto sì che il giaciglio dove aveva trovato ricovero un tunisino di 45 anni, noto agli archivi di polizia, sospettato di essere uno spacciatore, venisse divorato dalle fiamme: dopo quell’episodio il fondo che l’immigrato aveva occupato abusivamente è stato murato. E adesso, quel tratto di borgo San Frediano, vicino a piazza de’ Nerli, è tornato a vivere il suo solito tran tran. «Abbiamo fatto denunce alla polizia, scritto mail a Palazzo Vecchio — dice un commerciante che vuole restare anonimo — ma purtroppo è stato risolto il problema soltanto con il fai da te...».


Tanti, commercianti e residenti, avevano avuto a che fare con il nordafricano. Da quando, il 26 giugno, si è appropriato, non è chiaro come, di un fondo dove una ambulante — al centro di una causa per morosità con il proprietario del locale — sistemava il suo barroccio. Da quel giorno, è cominciata una difficile convivenza, costellata dagli interventi di vigili urbani, carabinieri e poliziotti del vicino commissariato Oltrarno.

Sono fioccate pure le denunce: una per occupazione del suolo pubblico quando, un pomeriggio, il nordafricano allestì un “mercatino dell’antiquariato” lungo il marciapiede di borgo San Frediano. Coprendo di insulti e minacciando — il segno della pistola con le dita, ma sfoderando pure qualcosa di simile a un’arma, probabilmente giocattolo — chi s’azzardava a dirgli qualcosa, approfittando anche della sua imponente stazza. Poi il via vai, giorno e notte, dentro e fuori dal fondo, le grida, la musica alta nelle ore più improbabili. Anche per questi episodi, i cittadini si erano rivolti alle forze dell’ordine. La procura ha ordinato una perquisizione al garage, durante la quale sono spuntate siringhe, resti di confezioni di droga, ma niente che potesse permettere agli agenti di porre fine all’indebita occupazione del locale.
 

Allora qualcuno, piano piano, ha cominciato a pensare quel che non si dovrebbe fare: la giustizia solitaria. Così venerdì scorso, mentre il tunisino non c’era, approfittando di un vetro rotto nella porta, è stato gettato un innesco dentro il garage. Incendio doloso, hanno sentenziato i vigili del fuoco che hanno domato le fiamme. Una «soluzione» estrema e comunque molto rischiosa, visto che sopra all’“abitazione“ del tunisino ci sono altre case. E soprattutto nel fondo, pieno di cianfrusaglie, poteva esserci anche materiale esplosivo. Ma secondo qualcuno nel quartiere, evidentemente, l’esasperazione aveva varcato la soglia di guardia.

Razzismo? San Frediano scuote la testa. «Se avesse avuto bisogno, se avesse occupato quel fondo perché in difficoltà sarei stato io il primo ad aiutarlo — dice un negoziante — e invece si è presentato qui con arroganza, alterato, aggredendo tutti». Si parla di sputi contro le vetrine dei ’nemici’, consumazioni nei locali mai pagate, traffico bloccato per le sue scenate. Un artigiano ha perfino chiuso prima la sua attività, un pomeriggio, pur di sottrarsi ai soliti soprusi dell’immigrato. Lo stesso artigiano che, la mattina dopo l’incendio, si è trovato la colla nelle serrature della bottega.

Dicono che dopo l’incendio, il tunisino sia tornato, una sera. Ma un calciante lo avrebbe invitato a non farsi rivedere in giro. Un foglio di via timbrato San Frediano. Più efficace di quelli della procura.
 

Stefano Brogioni