Firenze, 28 luglio 2011 -  REFERENDUM o no, la realizzazione della facciata di San Lorenzo secondo il progetto di Michelangelo è veramente poco probabile. Ma qualora lo fosse — superate le impraticabilità tecniche e le avversioni intellettuali — i soldi non sarebbero un problema. Ci sono davvero privati con le vesti di moderni mecenati disposti a spendere più di tre milioni di euro per inseguire una sorta di araba fenice e regalare un sogno accarezzato a più riprese negli ultimi cinque secoli.


Nel novero dei finanziatori in prima fila ci potrebbe essere l’onnipresente Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che già credeva nel progetto della facciata “effimera” (una specie di scenografia temporanea) e che non si tirerebbe indietro qualora si trattasse di costruire quella vera e definitiva. A subire il fascino michelangiolesco già un po’ di tempo fa era stato inoltre l’avvocato Paolo Fresco, che da quando è vicepresidente del Maggio Musicale è coinvolto in prima persona nelle sorti culturali della città. E infine ci sono loro, gli albergatori fiorentini che in silenzio da anni immaginano di costruire oggi quel pezzo di architettura immaginata ieri dal genio del Buonarroti.


Ma la facciata di San Lorenzo sembra diventata ormai una specie di scherzo del destino che ogni volta sfugge, senza che si riesca mai a portarla a termine. Questa sarebbe infatti la quarta volta che Firenze si mobilità per realizzare il progetto di Michelangelo. Lo ha ricordato ieri Eugenio Giani, presidente di Casa Buonarroti, deciso a portare avanti il dibattito aperto dal sindaco Matteo Renzi.


Il primo a commissionare la facciata di San Lorenzo fu Leone X nel 1515. Figlio del Magnifico, intendeva così consolidare la gloria dei Medici attraverso il completamento della chiesa della sua famiglia. Ma nel 1521 Leone X muore e il progetto di ferma, nonostante Michelangelo avesse già iniziato a lavorare a tre grosse colonne e disegnato ben tre progetti.


«Fu poi l’Elettrice Palatina a lasciare col suo testamento nel 1737 i soldi per realizzare la facciata, il campanile e per restaurare la chiesa — spiega Giani —. Ma siccome i soldi non bastavano, si preferì costruire il campanile e lasciare la facciata brunelleschiana. Infine arrivarono i soldi di Francesco Mazzei da Seravezza, che alla sua morte nel 1875 destinò un milione e 97mila lire per la realizzazione del progetto di Michelangelo. E considerato che la facciata del Duomo era costata un milione 200mila, quel denaro era più o meno sufficiente». Fu deciso però di fare un bando, perché si ritenne che i bozzetti esistenti non fossero sufficienti a completare il monumento. Pubblicato ad aprile del 1900, vi partecipano 92 architetti e cinque anni dopo si arriva a scegliere il disegno di Cesare Bazzani (nel tondo), lo stesso che realizzerà la facciata della Biblioteca Nazionale in piazza Cavalleggeri.


Ma avvenne allora quello che è accaduto ai tempi nostri con il progetto di Isozaki per la pensilina all’uscita degli Uffizi: la città si spaccò tra favorevoli e contrari. Nonostante vi fosse il vincitore di un concorso, ci si chiedeva perché mai non si dovesse realizzare il progetto originale di Michelangelo. «Il risultato fu che quel milione e passa — racconta Giani — fu speso per sistemare il sacrato della basilica di San Lorenzo e per restaurare altre nove chiese fiorentine».


Ma mentre il presidente di Casa Buonarroti è convinto che è giusto affrontare per la quarta volta la sfida sulla facciata mai compiuta, la direttrice Pina Ragionieri tiene duro convinta che si debba resistere al sogno: «Capisco il fascino del progetto — spiega Pina Ragionieri — ma anche volendo sono troppi gli elementi che mancano: ci sono nicchie per statue mai disegnate e tondi per dipinti neanche mai schizzati. E se si pensa a quanto Michelangelo amasse Brunelleschi, l’idea di lasciare la facciata così com’è è ancora più convincente».