Firenze, 14 aprile 2011 - CARO SINDACO, ci risiamo. Il 15 aprile ricorre il 67° anniversario della morte di Giovanni Gentile: uno dei tanti caduti nel corso della guerra civile che ha insanguinato l’Italia tra 1943 e 1945. Allora, tu eri nella mente di Dio e io avevo 4 anni. Giovanni Gentile dorme in Santa Croce insieme ai grandi italiani, com’è giusto: sotto il pavimento di una cappella, nel transetto, ricordato da una semplice lapide. Peraltro, come per il Machiavelli, tanto nimini, nullum par elogium.

 

Giovanni Gentile non venne “assassinato”. La repubblica italiana ha riconosciuto che egli trovò la morte in quanto obiettivo di un’azione militare: e in effetti colui che lo soppresse, il gappista Bruno Fanciullacci, è stato insignito di medaglia d’oro alla memoria e un viale della nostra città lo ricorda. Personalmente non sono mai stato d’accordo con questo modo di vedere le cose: ma è quello legittimato dalla più alta autorità del mio paese, e in quanto cittadino lo accetto. Anche se ricordo che su chi abbia impartito l’ordine dell’”esecuzione” non è stata mai fatta piena luce, e che molti tra i migliori e più autorevoli esponenti della Resistenza (da Enzo Enriquez Agnoletti a Carlo Ludovico Ragghianti a Tristano Codignola) espressero indignata condanna dell’accaduto.
 

 

QUEL che non posso accettare tuttavia, 67 anni dopo quell’evento, è il silenzio che lo attornia: e che pesa come una corte d’oblìo su colui che fu forse il più grande filosofo dell’Italia del Novecento. Su uno studioso e un cittadino che, per la vita intellettuale e sociale d’Italia, ha servito il suo paese con onore e ha operato nel suo àmbito come forse nessun altro ha mai saputo far meglio ( la sua riforma della scuola ne è prova; ed è a lui soprattutto che dobbiamo quel monumento che è l’Enciclopedia Italiana). Giovanni Gentile fu il teorico del fascismo come sviluppo del Risorgimento e come prosecuzione di un pensiero liberale e conservatore solidamente fondato sul senso dello stato e sul rispetto delle leggi. Certo, il “fascismo reale” fu un’altra cosa. Ed è noto che Gentile disapprovò l’evoluzione razzista e antisemita del regime, com’è noto che in più occasioni soccorse ebrei perseguitati. Ma era un uomo onesto, coraggioso e coerente: non si abbassò ad abbandonare la parte politica che per un quarto di secolo era stata sua e le idee in alcune delle quali aveva sinceramente e onestamente creduto: aderì alla Repubblica Sociale, pronunziò un nobilissimo Discorso agli italiani (purtroppo frainteso e inascoltato nel suo appello alla concordia), accettò la presidenza dell’Accademia d’Italia. Sapeva bene che cosa rischiava, quando lo fece. Ma lo riteneva suo dovere.
 

 

SI PUÒ non essere d’accordo con lui: non si può non ammirarne la coerenza e l’onestà intellettuale. Esemplare: specie di questi tempi, che di onestà hanno molto bisogno. Gentile fu benemerito anche del lavoro e della produzione di qualità della nostra città, in quanto presidente e animatore prima dell’editrice Le Monnier, poi della Sansoni.. Quando fu ucciso, suo figlio Benedetto chiese alle autorità fasciste fiorentine, anche a nome della madre, che non ci fossero rappresaglie. La sua nobile richiesta fu accolta, nonostante la ferocia dei tempi. La sua famiglia è rimasta tra noi e i suoi nipoti sono oggi tra i cittadini più attivi e stimati di Firenze. Caro Sindaco, 67 anni di silenzio sono troppi. I tuoi predecessori hanno taciuto e accettato il vergognoso silenzio: alcuni di loro lo hanno fatto per faziosità politica e ideologica, altri per un senso malinteso di rispetto per la Resistenza (che non è in questione), altri per conformismo o per viltà.
 

 

MA TU, MATTEO, sei uno sfasciacarrozze. Dài, allora. Sfascia anche questo carrozzone fatto di complicità, di vigliaccheria, di pregiudizio, di “pigrizia politica”. Non accodarti al disdicevole coro dei muti. Rompi la congiura del silenzio. Dà alla giustizia quel ch’è della giustizia, alla storia quel ch’è della storia, a Firenze quel ch’è di Firenze. Non m’interessa che a Gentile sia dedicato una celebrazione pubblica, un convegno, una mostra, una biblioteca, un istituto culturale, un busto, una piazza, una strada. Ma tu devi dare un segnale. Oltretutto, i soliti tartufi ti attaccheranno per questo. Di’ la verità: a parte la buona causa per la quale saresti attaccato, non ti diverte un altro po’ di bella rissa?
 

Franco Cardini - storico medievalista