Firenze, 7 aprile 2011 - SANTO SPIRITO, prime ore di un pomeriggio che tende già all’estate. Questo anomalo caldo porta la gente in strada, popola i dehors e le scalinate della piazza di un’umanità eterogenea fatta di biondissime ragazze americane che mangiano la pizza sedute per terra e di signore che fanno una breve pausa dopo aver portato i cani a passeggio.


E poi stranieri, pantaloncini già corti e macchina fotografica, che tra uno scatto e l’altro si soffermano curiosi su un uomo che dorme accasciato per terra o sulla donna appisolata sulla fontana centrale della piazza. Poco distante, intanto, un altro clochard ha già acceso il fuoco sotto al pentolino. «Sembra di essere al campeggio», dicono i vigili urbani che presidiano la zona prima di farlo allontanare. Nel frattempo un altro senza tetto, lunghi rasta grigi sulle spalle nude e tatuate, si avvicina ai ragazzi che pranzano sulle scalinate della chiesa e parla, canta, si fa insistente. Cerca un’attenzione che nessuno gli dà.


«I senza tetto rappresentano per noi il problema principale — dice un ragazzo che lavora in un ristorante in fondo alla piazza —. La situazione è critica durante tutto l’anno ma d’estate peggiora, perché molti bevono più birra e poi finisce che si buttano nella fontana, girano in mutande, a volte vengono addirittura a mettere le mani nei piatti dei nostri clienti».

Il ragazzo sta ancora parlando quando si avvicina uno degli ‘abituè’ di piazza Santo Spirito, che protesta e vuol dire la sua: «Noi italiani accogliamo tanta gente, ma poi nessuno sopporta i barboni». «I clochard sono caratteristici e perciò vanno tutelati e aiutati — dice una donna che attraversa la piazza mangiando un pompelmo —. Spesso sono più fiorentini di tanti altri, sono persone che hanno alle spalle un vissuto estremamente complicato».


E’ una difficile convivenza quella tra esercenti, residenti e senza tetto. E in estate l’alcol, lo spaccio e la confusione vanno ad aggravare una situazione già molto delicata. «I problemi in estate — continua la donna — sono dovuti soprattutto ai giovani. Penso ad esempio alle migliaia di studenti americani che spesso indulgono nell’abuso di alcolici».

La ‘movida’, anche se accompagnata da qualche bicchiere di troppo, non preoccupa invece chi a Santo Spirito gestisce un locale: «Il problema non è quello dell’acol, anzi è un bene che la piazza si animi di giovani che vogliono divertirsi. Il guaio sono i vagabondi che puzzano, sporcano, non vogliono integrarsi. Non è piacevole prendere un caffè con accanto loro che urlano o sono ubriachi». La droga, almeno quella, sarà vista peggio di un senza tetto? «Lo spaccio c’è sempre stato ma negli ultimi anni molti venditori si sono spostati in Santa Croce».
In attesa della movida 2011, Santo Spirito continua a fare i conti con le sue peculiarità e i suoi problemi, che paradossalmente contribuiscono a renderlo unico e vivissimo.