Da Obey al Tibet. Il dialogo di Palazzo Medici Riccardi con le arti

La Street Art e la pittura contemporanea sotto lo sguardo benevolo del Rinascimento

Opera di Han Yuchen

Opera di Han Yuchen

Firenze, 26 agosto 2019 - 'Make art not war' è la mostra allestita nella galleria medicea di Palazzo Medici Riccardi che si concluderà il 20 ottobreo 2019. Le opere dello street artist Shepard Fairey, in arte Obey, saranno visibili tutti i giorni dalle ore 9 alle 19.

Di Obey tutti conoscono la quadricromia di 'Hope', con il volto di Barak Obama, che ha fatto conoscere l'artista al mondo intero. Se 'Working on a dream' e 'The rising' di Bruce Springsteen sono state la colonna sonora della prima campagna elettorale di Obama e 'Wrecking Ball' della seconda, dopo un momento ben giustificato di disillusione del rocker statunitense, opere e serigrafie di Shepard Fairey hanno illustrato e illustrano, con eleganza e senza spirito corrosivo, il sogno democratico americano nel senso più largo dell'espressione.

Quel messaggio arriva dritto: c'è bisogno di lavorare ad un sogno. Obey lo fa precedere spesso dall'espressione “We the people”, “Noi la gente”, “Noi le persone”, “Noi il popolo”: non fa distinzioni, ma interpreta graficamente un'esigenza, anche non confessata dalla stessa “gente”, che è quella di ritrovarsi in un noi pacificato, capace di fare da contraltare all'individualismo di massa di marca non solo statunitense.

 E' paradossale – e Obey lo ha intuito – come la paura sia il veicolo delle fake news che condizionano le scelte di miliardi di persone e paralizzano una risposta umana a chi di questa paura è realmente vittima, dopo avere subito magari gli effetti distruttivi di una guerra. Non è un caso che questa mostra porti il titolo di 'Fare arte e non guerra'.

Tratti molto evidenti delle correnti sovraniste rimandano proprio al contrario, cioè all'idea della conflittualità come un valore, all'alimentazione dell'incertezza come allargamento di un mare in cui pescare sempre qualcosa. Chi ne fa le spese? Proprio quelli che, come soggetti e come temi, sono scelti e messi al centro della mostra: Donna, Ambiente, Pace e Cultura. Nella serigrafia 'Destruction an denial' è rappresentato da Obey il paradosso e il corto circuito di questa corsa che porta al nulla: un uomo ridotto a scheletro, con le fiamme alle spalle ma sorridente e in posa in giacca e cravatta. La distruzione atomica, paventata da Obey, lascia un'evidenza: tutto ciò che si vede è statico. L'alternativa è un altra e l'artista la pone come sottotitolo: alimentare la pace.

"La mostra di Obey - ha osservato il sindaco Dario Nardella durante l'inaugurazione - è un ulteriore passo in avanti in quel dialogo tra Rinascimento e Arte contemporanea, in particolare la street art, che oltre ad essere esso stesso un messaggio consente a Firenze, attraverso Palazzo Medici Riccardi, di fare interloquire passato, presente e futuro delle arti uniti da un filo originale e solido di continuità". Obey è stato “preceduto” in Palazzo Medici Riccardi da Banksy, Keith Haring e Paolo Buggiani, e, collateralmente, ma nell'ambito di un filone contemporaneo e di altro tipo, da Bowie ritratto nelle foto del maestro giapponese Sukita e da Calder.

A Firenze è stata proposta anche la fase embrionale, anche per questo più interessante, della Street Art con le opere del fondatore, Keith Haring, e di un testimone e artista come Paolo Buggiani, che ha salvato cinquanta straordinarie opere di Haring – disegni fatti con gessetto sui fogli neri che coprivano a New York le pubblicità scadute - e a sua volta innervato su quella tendenza la sua capacità di interpretazione, con un utilizzo tutto particolare della mitologia ai fini di un sogno pacifista.

Non si può non sottolineare quanto detto da Buggiani: "la Street Art è nata come reazione di alcuni artisti alla prepotenza e alle sopraffazioni dei galleristi e dei critici d'arte che avevano creato un circuito chiuso a fini commerciali. La Street Art è fiorita per certi versi nel sottosuolo e ora si lascia abbracciare nei luoghi in cui si è sedimentata la storia".

E' significativo che Paolo Buggiani da Castelfiorentino abbia varcato l'Oceano e che Keith Haring grazie a lui sia potuto tornare in Toscana. Nel 1989, a Pisa, presso la chiesa di Sant’Antonio Abate, Haring eseguì il suo ultimo murale, “Tutto mondo”, dedicato alla pace universale, prima di morire a soli 31 anni. Un messaggio che non scade e che anzi trova ragion d'essere in questa stagione del pianeta che riabilita più la forza che non la capacità di disarmare e disarmarsi. L'arte può aiutare a compiere passi giusti e azioni pacificatrici.  

 

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