Firenze, 11 settembre 2018 - Che l'economia sia matematica è tutto da dimostrare. Forse più semplicemente non è solo così; più che una scienza esatta è una possibilità e un grande motore accanto ad altri che influiscono la storia, ma non è l'unico a generarla. Simone Tani e Giorgio Nardone, autori di 'Psicoeconomia', agile volume scritto a quattro mani per Garzanti e in presentazione mercoledì 12 settembre all'Estate Fiorentina (ore 18.45, Piazzale Michelangelo), diffidano delle formule in materia e degli slogan “magici” come i mitici “riduttori di complessità”.
Le ipotesi di lavoro disciplinare devono tenere conto di quanto pesano e sono sottovalutate le reazioni emotive, non solo dei ricettori (la temibile e al tempo stesso irrisa platea dei consumatori) quanto dei produttori. Portano ad esempio la vicenda delle “isole produttive” di Prato, che sono riuscite a far rilanciare il settore tessile e a non fare chiudere una serie di imprese mettendo insieme, potremmo dire in rete, le peculiarità di ciascuna: il vero ostacolo non era il progetto, ma la diffidenza degli imprenditori l'uno verso l'altro, superata solo attraverso una mediazione che li ha aiutati a guadagnare fiducia e a smontare le basi del loro fare occhiuto. E' del resto una delle prerogative del Centro di terapia strategica fondato da Nardone, allievo di Paul Watzlawick (ricordate 'Istruzioni per rendersi infelici'?), e nel quale Tani è formatore. Insomma, quando sentite invocare le “leggi dell'economia” attenti alla fregatura che arriva: è una sorta di totem, anzi meglio, un moloch al quale sacrificare in modo sempre più “fluido”, come è stato fatto dopo l'89 da un capitalismo tutt'altro che liberale e dall'economia finanziaria dell'algoritmo, il bene comune che coincide, sempre, con quello di ogni persona. Siamo ancora a curare le ferite e i numeri non bastano. Nardone e Tani proiettano la loro riflessione in un prologo, quattro capitoli e un epilogo, che scaturiscono dall'obiettivo di “gestire fallimenti e realizzare successi
“Successo” è una parola da prendere con le molle, soprattutto quando diventa sinonimo di sopraffazione per alcuni e di rassegnazione per i molti, il corollario individualista dell'affermazione di sé, ma non è - così ci sembra - che la intendono i due studiosi, preoccupati piuttosto di evitare naufragi, sospinti dall'antica osservazione di Seneca: “Nessun vento è propizio al marinaio che non sa a quale porto approdare” (proprio in questi giorni ricorre il “bell”'anniversario del fallimento di Lehman Brothers, ma più dei comandanti sono finiti in mare in mozzi di bordo).Michele Brancale
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