Restiamo collegati con la testa al volante

La 'Nazione' risponde ai lettori

Laura Pacciani

Laura Pacciani

Firenze, 8 luglio 2017  - Cara Nazione, ho letto che nell’ultimo anno, da quando è stato introdotto il reato di omicidio stradale, i morti per incidente sono aumentati. Come è possibile? Significa forse che la legge non funziona? Marco Luisi - Firenz

Caro Marco, è vero i numeri sono sconfortanti. Secondo quanto riferito dal capo della polizia Franco Gabrielli in questi quindici mesi, dal 21 marzo 2016, giorno dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto il reato di omicidio stradale, l’85 per cento dei conducenti indagati rischiano da due a sette anni di carcere. E più drammatico ancora è il dato sulle vittime: da gennaio a giugno di quest’anno sono aumentate del 4,6 per cento rispetto agli stessi mesi del 2016. Numeri impressionanti: da 695 a 727 decessi. Ma non è la legge che non funziona. La legge ha stabilito un principio sacrosanto in difesa della vita. Perché uccidere una persona alla guida di un’auto dopo aver bevuto alcol o aver assunto droghe, o non prestare soccorso ai feriti, è commettere un omicidio e come tale deve essere punito. Così, come deve essere punita la distrazione, risultata una delle principali cause all’origine degli incidenti. Scrivi distrazione e leggi cellulare. Essere collegati è diventata una priorità assoluta, ma tenere la testa collegata al volante mentre si guida lo è di più. 

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