Bere e guidare, il buon senso che ci manca

Il commento

Firenze, 20 aprile 2017 - UBRIACHI al volante. O anche solo un po’ alticci. Insomma, in condizioni di scarsa lucidità per mettersi alla guida di un’auto, con tutti i rischi che ne conseguono soprattutto per il prossimo. La nuova legge sull’omicidio stradale doveva dare una svolta drastica al triste fenomeno della guida in stato di ebbrezza. Ma l’effetto choc iniziale sembra già assorbito e mentalmente archiviato: lo spauracchio di quelle pene durissime (persino fino a 18 anni di carcere per chi provoca la morte di una persona guidando sotto effetto di droghe o in stato di grave ebbrezza) appare già come evaporato.

SOPRATTUTTO sembra turbare poco i giovani. Si esce, si beve qualcosa con gli amici e si riparte alla guida senza farsi troppi problemi. Lo dicono anche due recentissimi casi di cronaca. Un giovane in bici falciato a morte a Ponsacco da un trentenne, risultato poi ubriaco al volante e finito dritto agli arresti domiciliari. Una ragazza di 21 anni travolta di notte a Lucca sulle strisce pedonali e ridotta in gravi condizioni da un automobilista 24enne che aveva un tasso alcolemico ben oltre i limiti di legge. Qui il giovane si è fermato a prestare soccorso e il giorno dopo è anche andato in ospedale per scusarsi e sincerarsi delle condizioni della ragazza. Il punto è che il buonsenso sarebbe necessario prima. E lo spettro dei rischi penali? La verità è che con i giovani la paura non funziona. A vent’anni ci si crede immortali. E si pensa che la vita, la propria e quella degli altri, sia a traffico illimitato.

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