Firenze, 14 novembre 2008 - UN MEDICO 45ENNE del pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare Pietro Ferrante, con l’accusa di omicidio colposo, per la morte di una paziente di 93 anni che si era presentata in ospedale con un’intossicazione da farmaci.

 

Il gup Ferrante ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio del medico — difeso dall’avvocato Mario Taddeucci Sassolini — formulata dal sostituto procuratore d’indagine Luciana Singlitico e ribadita ieri mattina in aula dalla collega Concetta Gintoli. I familiari della donna si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Neri Pinucci e il processo si aprirà il 9 ottobre dell’anno prossimo in tribunale.
 

 

Secondo quanto ricostruito nelle indagini, l’anziana stava seguendo una terapia a base di farmaci che potevano creare problemi di intossicazione. Nell’ottobre del 2003 la donna venne portata dai familiari all’ospedale proprio per un’intossicazione e il medico, secondo quanto sostenuto dall’accusa, non le avrebbe somministrato il farmaco antagonista indicato per curarla. Dopo alcune ore l’anziana morì per fibrillazione ventricolare intrattabile da intossicazione digitalica. L’anziana era infatti affetta da cardiopatia dilatativa con episodi di insufficiente compenso cardiocircolatorio e, proprio per questo, era da tempo in cura con farmaci a base di digossina.

 

Per l’accusa, il medico, pur avendo avuto una diagnosi di intossicazione digitalica a seguito dell’esito di esami di laboratorio, non dispose che venissero somministrati all’anziana quei farmaci antidigossina che le avrebbero potuto salvare la vita.

 

Secondo la difesa, invece, l’esito degli esami sarebbero arrivati successivamente e, soprattutto, il medico ora imputato avrebbe visitato la donna solo in seconda battuta e dopo avrebbe anche avuto l’approvazioni del suo comportamento a seguito di una consulenza cardiologica da lui stesso richiesta.

 

Non a caso, sostiene sempre l’avvocato Taddeucci Sassolini, la donna venne trasferita nel reparto di terapia subintensiva, dove poi morì, e nemmeno lì le vennero somministrati quei farmaci salvavita.