Firenze, 13 maggio 2008 - Oltre mille pagine d’istruttoria inchioderebbero don Lelio Cantini (nella foto) alle proprie responsabilità negli abusi sessuali, nei confronti di alcune sue giovani ex parrocchiane alla Regina della Pace, e nella gestione delle elargizioni dei fedeli, che sarebbero state molto poco spontanee e ottenute con un sistema di persuasione occulta efficace come un’estorsione.
 

 

Il supplemento d’indagine voluto dal cardinale Ennio Antonelli per chiarire del tutto la vicenda che vede implicato l’anziano sacerdote, priore dal ‘61 al 2005 della parrocchia del Ponte di Mezzo, è stato consegnato una quarantina di giorni fa all’arcivescovo, che, ai sensi del diritto canonico, si è consultato con due ‘assessori’ di sua fiducia con i quali ha valutato la situazione per poi trarre le proprie personali conclusioni sull’operato del prete, ormai ottantacinquenne, ricoverato nel convitto ecclesiastico di viale Michelangelo.
 

 

Dell’inchiesta canonica bis si sta occupando su incarico del cardinale Antonelli padre Francesco Romano, carmelitano, già magistrato del tribunale ecclesiastico toscano. Il religioso, che è vincolato all’obbligo del silenzio, ha consegnato il voluminoso dossier all’arcivescovo, che dovrà stilare il documento conclusivo, Solo in un secondo momento, la decisione presa dal cardinale Antonelli sarà affidata di nuovo a padre Romano nel suo ruolo di ‘inquisitore’, e prenderà la via di Roma, destinazione Congregazione della dottrina della Fede, retta dal cardinale Joseph Levada.
 

 

Secondo le accuse, formalizzate anche dalla diocesi fiorentina, don Cantini si sarebbe reso 'responsabile di delittuosi abusi sessuali compiuti su alcune ragazze negli anni compresi fra il ‘73 e l’87, di falso misticismo, di controllo e dominio delle coscienze', una colpa quest’ultima alla base del presunto passaggio di soldi e di proprietà fra i parrocchiani e il loro burbero, ma carimastico priore. «Un sacerdote vero, che ci crede davvero» come lo ebbe a definire, riconoscente, monsignor Claudio Maniago, uno dei ragazzi cresciuti alla Regina della Pace e diventati sacerdoti, all’atto della propria investitura a vescovo ausiliare.

 

Da quanto si è potuto sapere, le accuse al sacerdote sarebbero suffragate da 'prove schiaccianti', che potrebbero portare a una punizione più pesante, come auspicato a più riprese dalle vittime degli abusi, della privazione per cinque anni della facoltà di confessare, di celebrare la Santa Messa in pubblico, di amministrare altri sacramenti e di assumere incarichi ecclesiastici, oltre a penitenze come dover recitare ogni giorno il Miserere.
 

 

Se l’istruttoria supplementare della Chiesa può dirsi conclusa, si aspetta ora che il pm Paolo Canessa chiuda le indagini preliminari per quanto riguarda il fascicolo aperto nell’aprile dell’anno scorso dalla procura. Un’inchiesta difficile e a rischio prescrizione.