{{IMG_SX}}Firenze, 3 aprile 2008 - Diciotto anni, rumeno, focomelico dalla nascita, un braccio e una gamba sviluppati solo in parte. Fa il mendicante, vive di elemosine e non potrebbe essere diversamente: un uomo da marciapiede. Come i tanti senza casa, come i punkabbestia. Da molte settimane depone a metà circa di Borgo La Croce il suo corpo martoriato, una cassetta per raccogliere gli spiccioli e un fagotto misterioso. Coì facendo occupa quasi per intero il piccolo marciapiede. Lo abbiamo avvicinato: parla un italiano stentato, a volte sembra capire abbastanza bene, altre decisamente meno.

 


"Il mio nome? Andrei Vasile, figlio di Geta. Io vengo da Bucarest". Mostra la fotocopia di una carta d’identità, un indirizzo, Str Malul Mic 14, che sembra indicare un sobborgo periferico della capitale.

 


Sa che il Comune potrebbe vietare di fare l’elemosina così come fa lei, distesi per terra?
Sorride, sembra capire: "Ahhhh, sì sì sì. Ma oggi una signora mi ha detto tu bravo, tu rimanere qui, rimani con noi. Tu bravo. Io sono contento".
Quanto anni ha? Venti?
"Venti. No, poco sotto". Diciannove? "Poco sotto". Diciotto? "Ecco sì, diciotto".
Quanto guadagna? La gente è generosa con lei?
"Guadagno trenta, cinquanta euro al giorno. A volte solo venti". Nella scatola di plastica trasparente che tiene davanti,un contenitore di frutta comprata al supermercato, ci sono però due euro appena. Che diventeranno tre solo dopo mezz’ora abbondante. Ma dalla bocca di Andrei non esce neanche una parola che sembri lontanamente rabbiosa.
Quante ore al giorno rimane qui?
"Cinque, sei, sette (alza le spalle, ndc) di mattina e poi di pomeriggio. A pranzo compro qualcosa lì, vedi, al Kebab e mangio là, al parco". Indica il giardinetto di piazza Beccaria.
Sono tutti per lei i soldi? Dicono che c’è chi vi sfrutta
"Ahhhh, no, no, senor, lo giuro". E si fa il segno della croce. Ma sorride, quasi sapesse, o avesse sentito dire qualcosa del genere, senza volerne però parlare. Andrei riprende a parlare dei suoi sogni. Veri, verosimili: chi può dirlo?
"No, no, no, i soldi sono per me. Li mando a casa. Con questi denari voglio tornare in Romania e costruire una casa. Una casa tutta mia. Partirò presto per tornare a Bucarest, forse tra una-due settimane, anche questa domenica o la prossima, ancora non lo so. Tornerò a casa in camion, in bus. Voglio tornare e, tra qualche anno, quando sarò più grande, quando crescerò e avrò 25-26 anni voglio avere una donna. Sì, voglio avere una donna".


Dove vive a Firenze? E come si trova in Italia?
"Vivo con mio papo, sì, mio padre come dite voi, allo stadion" infatti indica la direzione dello stadio. "Come ho avuta la casa? Un rumeno, ce l’ha prestata un altro rumeno. Quando ho finito di stare qui, torno a casa con il bus" E suo padre che cosa fa?
Andrei, figlio di Andrei Geta secondo quanto c’è scritto sulla fotocopia della carta d’identità che esibisce di nuovo, stende la mano avanti, in modo eloquente: "L’elemosina, chiede soldi anche lui. Siamo venuti insieme qua, alcuni mesi fa". Si confonde sui tempi di arrivo e di permanenza. Di sicuro, oltre al fatto che il ragazzo vive come vive, c’è che la Romania è ormai da tempo entrata nella Comunità europea e che quindi lui non è un clandestino. Se poi stia parlando o meno di suo padre naturale, o di una persona che da tempo vive con lui, in tutta sincerità non ci risulta chiaro.

 


La sua malattia?
"Sono nato così, in Romania. A scuola? Sì, ho provato ad andare a scuola. Ma c’era uno (porta la mano alla testa e fa un segno a indicare uno un po’ tocco, ndc) che mi colpiva. Qui e qui". Con la mano destra, perché la sinistra è ridotta a un moncherino con due abbozzi di dita, le sole falangi, si batte sul braccio sinistro e sulla gamba destra, ‘completa’ solo fino alla caviglia. Frammenti di ricordi di una vita all’insegna della disgrazia.
Sa che a Firenze c’è un suo connazionale molto famoso, molto ricco, che fa il calciatore, Adrian Mutu?
"Mutu? Mutu? Ahhhh, sì, sì, sì". Stop. Ha ben altro a cui pensare, Andrei Vasile, anche se non riusciamo a cogliere eccessi di autocommiserazione e di tristezza. Perché Andrei è un sopravvissuto e i sopravvissuti sono comunque contenti di esserci, non si perdono mai d’animo. Allo scadere della mezz’ora di conversazione con l’uomo da marciapiede, ecco che nel cestello di plastica finisce il terzo euro. L’obolo è versato da un uomo di colore, altissimo e dinoccolato, che sembra uscito da una sfilata di Armani.