{{IMG_SX}}Firenze, 27 febbraio 2008 - Quando si sposò, negli anni Cinquanta, affittò una stanza in via de’ Serragli, davanti al Goldoni. Alla Marcella, sua moglie, incinta della prima figlia, disse: "Lo vedi quel cinema? Un giorno lo compro". E lei, che faceva fatica a mettere insieme i soldi per la spesa: "Ma va ’ia grullo".

 

Ieri mattina alle 5, a 79 anni, Ugo Poggi (nella foto) ha chiuso gli occhi per sempre, dopo una lunga malattia, nella villa sopra il viale Michelangelo. E la Marcella, con gli occhi gonfi di lacrime, al sindaco Leonardo Domenici e a tanti amici ripete: "Tutti i giorni mi diceva: ’Lo vedi com’è bella questa casa?’. Vero. Ma con lui sarei stata anche in una cantina".

 

La vita di Ugo è stata una scalata. Come un romanzo. O come uno di quei film di cui comprava i diritti. Volontà di ferro. Razza Oltrarno. Da fattorino di un’agenzia di noleggio di via Fiume, che portava sul motorino le pizze di latta con le pellicole, era diventato uomo di cinema: proprietario di sale, presidente dell’Agis, amico e un po’ scopritore di Carlo Conti, Leonardo Pieraccioni, Giorgio Panariello, Massimo Ceccherini. Il colpo di fortuna? Più che altro il fiuto. Decise di distribuire in esclusiva un film che nessuno voleva: 'Per un pugno di dollari'. Un mito di celluloide. E ancora: da giocatorino al campo lungo le mura di Santa Rosa a presidente della Fiorentina nel periodo di Cecchi Gori, quando c’erano Batistuta e Rui Costa. Quindi da calciante bianco dei tempi gloriosi ("Se si vince la vitella/ la si piglia per la mano/ la si porta in San Frediano") a presidente della Rondinella, a ideatore della cena in piazza di Cestello, per far ritrovare ai sanfredianini l’aria del quartiere, le atmosfere perdute, la propria leggenda di ex giovani.

 

C’erano tante cose dentro Ugo Poggi. Compreso un carattere fumino, stemperato poi dall’età e dalla consapevolezza di essere un personaggio capace di far cronaca. Come allo stadio, durante Fiorentina-Milan del ’95, quando colpì l’avvocato Felice Vaccaro, già calciante azzurro, che accompagnava lo 'zio Fester', Adriano Galliani. E come nel ’97, durante la cena in piazza di Cestello, quando mandò via Giuliano Ferrara che voleva sedere a tavola con Antonio Di Pietro, sfidante dell’epoca al seggio del Mugello. O come all’allenamento dei viola alle Due Strade, gennaio ’98, quando tirò una 'puntata' a Massimo Sandrelli, allora capo delle relazioni esterne della Fiorentina, reo di aver lasciato che Canale 10, di cui era direttore, parlasse male della squadra. Ma a Ugo la rabbia durava cinque minuti. Con Sandrelli ci furono abbracci e cene. Ieri Massimo ha detto: "Eravamo uniti prima, lo siamo rimasti dopo. Piango la scomparsa di un amico vero".

 

Ovvio che in Poggi non poteva mancare l’ amore viscerale per la famiglia. Per la Marcella, certo. Per le figlie Edi e Cristina. E per i nipoti: da Matteo a Carlotta, a Gaia, a Niccolò e all’ultima che, non a caso, si chiama Viola. E i bisnipoti? Bianca, Neri e Alice erano i depositari dei racconti, i terminali di un sentimento incomparabile. L’ultima volta in pubblico fu il 10 settembre, alla cena in San Frediano. Rimasta un cruccio nelle settimane della malattia: "Chi la porterà avanti ora?". Il direttore, Francesco Carrassi, gli promise: "La cena continuerà. La Nazione si metterà a disposizione del comitato organizzatore". Sarà così. E Ugo, che sognava di possedere il Goldoni, da lassù si godrà la festa. Tutta sua.