{{IMG_SX}}FIRENZE Le Visioni Sommerse di Dario Ballantini

Galleria del Palazzo sul lungarno Guicciardini 19


"Dipingo di notte e al termine dell'opera mi accorgo che finisco sempre per raccontare il tormento umano". Eppure è uno dei personaggi che ogni volta riesce a farci sorridere, che ci strappa dal torpore per raccontarci attraverso la parodia la verità più vera e divertente dei personaggi che interpreta.



Dario Ballantini è il trasformista che dal palcoscenico di Striscia la Notizia diventa Valentino, Montezemolo, Vasco Rossi, Franco Marini, Valentino Rossi. Di recente anche Nanni Moretti. Ma Ballantini è anche un raffinato artista, un pittore maturo e maturato da anni di incontro-scontro con disegno e colori. Gli ultimi esiti della sua pittura approdano alla Galleria del Palazzo sul Lungarno Guicciardini 19 a Firenze, dove sono esposte, fino al 19 aprile, 35 tele riunite sotto il titolo Visioni Sommerse.



Come sommersa è la figura umana, che spunta prepotente tra schematiche macerie di un mondo disgregato e disgregante. I colori gridati e il segno deciso raccontano l'anima dell'uomo che resiste alla frammentazione visiva. Cosa ascolto?, Non ti prendo, Non adesso, Ancora pensando sono alcuni dei titoli che introducono alla ricerca di questo sentire contemporaneo, confuso e inquieto, che prende forma attraverso una pittura sempre e comunque d'impatto. Nato a Livorno 43 anni fa, Ballantini lavora a questa passione da oltre vent'anni, seguendo quello che è un po' un vizio di famiglia. Anche il padre era infatti un pittore, mentre il nonno è stato attore. E allora si capisce bene da dove venga questo suo doppio binario professionale.




All'origine del suo percorso artistico c'è un ritratto di Pier Paolo Pasolini, con un timbro ancora decisamente figurativo. Ma i contorni netti piano piano diventano come un limite e Ballantini sente la necessità di rompere l'immagine, sperimentando una chiave prima vicina all'espressionismo, poi al cubismo, all'astrattismo.



"Fra i tanti che hanno influenzato la mia pittura ci sono Fernando Farulli, Maurizio Colombini ,Vinicio Berti e Giancarlo Cocchia - racconta Ballantini -. Certo è che adesso rinunciare a pennello e tele sarebbe difficile. Ho cominciato ragazzo, non ho mai smesso e ho tutta la voglia di continuare".




Ed eccolo passare dagli acrilici ai pastelli, dalle grandi tavole ai dipinti più misurati dove la figura si scompone e si ricompone, dove elementi isolati e solo intuiti riassumono il ritmo febbrile di metropoli affolate di ciminiere, autostrade, edifici senz'anima ma comunque spazzati da ventate di vita e di energia. In sintesi, è la materia in movimento e in trasformazione.



"È la città del disincanto, frenetica, allucinata, ipertecnologica su cui incombe un occhio spettrale", hanno detto delle sue opere. Ognuno, se vorrà, potrà trovarvi una via di fuga: nel fiore, nel fumo che sembra un raggio di sole, nella ciminiera da cui escono le note di un sax, ma sarà sempre solo una faccia della medaglia. Tutto questo ha suggestioni lontane. Ispirazioni che affondano le radici nei ritratti intensi di Modiglioni, nell’inquietudine di Sironi, nel gesto violento di Basquiat e nei volumi di Picasso, trovando comunque una sintesi nuova e riginale.

Fino al 19 aprile. Dal martedì al sabato 11-13 15.30-19.30