{{IMG_SX}}Firenze, 14 maggio 2007 - Apre in città la mostra 'Ragione e Sentimento. Sguardi sull'Ottocento in Toscana', curata da Carlo Sisi con Giovanna Giusti, che resterà aperta fino al 1 luglio alla Sala delle Reali Poste della Galleria degli Uffizi. È un'iniziativa congiunta degli Amici degli Uffizi, della Galleria degli Uffizi e della Provincia di Firenze, voluta da Antonio Natali, direttore degli Uffizi, nell'intento di dare inizio a presentazioni per nuclei omogenei della raccolta di autoritratti della celeberrima galleria.

 

All'eleganza neoclassica è dedicata la prima sezione, che si apre con Pietro Benvenuti, convinto assertore del
primato del disegno, cui segue un raro autoritratto di Antonio Canova, in linea con la ritrattistica inglese e
francese, sull'esempio di David. Il clima culturale mitteleuropeo si respira nei dipinti dei francesi come: Bènigne
Gagneraux e Louis Gauffier
che trovarono ospitalità a Firenze a seguito delle persecuzioni antifrancesi che
imperversavano a Roma; mentre l'autoritratto di Giuseppe Collignon ricorda proprio la presenza dei toscani a
Roma in un momento di grande fervore sperimentale. Chiude questa prima tappa l'intenso autoritratto di Antonio Fedi in posa 'filosoficà, in cui emerge lo sguardo indagatore e penetrante dell'artista.

Nella seconda sezione il coinvolgimento romantico nella pittura di storia è testimoniato da autori come Luigi e
Giuseppe Sabatelli, Giuseppe Bezzuoli che si ritrae non ancora trentenne in veste di pictor con tratti che
ricordano un romanticismo alla nordica, maturato a Roma nel circolo germanico. L'interesse per una
rappresentazione più analitica e veritiera della natura è rappresentato in particolare da Jean-Baptiste-Camille
Corot, con il suo autoritratto del 1835. Nello splendido ritratto di Giuseppe Canella colpisce l'intenso
temperamento dell'uomo romantico mentre nell'aria vagamente malinconica di Giuseppe Moricci si avvertono
tangenze con le contemporanee ricerche di 'macchià. Alla schiera dei 'puristi militantì e al culto dei 'primitivì
appartiene un artista come Carl Vogel von Vogelstein, che si ritrae con un'aura idealizzante.

 

La successiva sezione è dedicata al Realismo, al dibattito sul vero, alle libertà implicite nella sua rappresentazione ma anche alla pittura di 'macchià che, grazie al colore, traduceva il paesaggio e altri generi dell'arte ottocentesca in immagini del tutto nuove. Ecco gli autoritratti, tra gli altri, del napoletano Domenico Morelli, di Raffaello Sernesi o di Alessandro Lanfredini. Giovanni Fattori, con Autoritratto (a cinquantanove anni), testimonia l'interesse per i temi della storia moderna, anticipando l'analisi introspettiva dei primi del Novecento.
Amos Cassioli e Giovanni Boldini sono artisti che hanno contribuito a riformare proprio il genere del ritratto inteso come folgorante istantanea delle peculiarità dei caratteri.

 

Ultima, la sezione sul Naturalismo e il Simbolismo. Qui troviamo l'autoritratto del 1888 di Antonio Ciseri, di cui ricordiamo il Martirio dei Maccabei nella Chiesa di Santa Felicita a Firenze; quelli di Stefano Ussi e Raffaello Sorbi la cui pittura di storia corrisponde alla fortuna dei contemporanei revivals anglosassoni; l'autoritratto di Willem Henri van Schaik, dove si osserva l'immedesimazione estatica e sentimentale dell'artista; e poi quello di William Blundell Spence, di Michele Gordigiani, di Niccolò Cannicci. Ormai al volgere del secolo, intorno alla fine degli anni settanta, l'arte si indirizza verso nuovi esperimenti di stile, verso il Simbolismo, verso immagini fantastiche e inquiete come quelle di Arnold Bocklin, che chiude la mostra con il suo autoritratto del 1896 - '97, una pittura rarefatta che raffigura il vecchio maestro, privo del vigore di un tempo, seduto con lo sguardo rivolto oltre la finestra.