Polizia morale Iran, "Una mossa per sedare la protesta". Analista: il popolo vuole di più

Abdolmohammadi (Università di Trento): nessun compromesso, i cittadini pretendono uno Stato laico

Roma, 5 dicembre 2022 - "Ammesso che l’abolizione della polizia morale sia effettiva e che le regole per l’utilizzo dell’Hijab vengano rese meno stringenti, è troppo poco per venire incontro alle richieste della piazza. I manifestanti vogliono molto di più, le due domande fondamentali sono libertà e laicità, e quindi rigetteranno questa apertura come insufficiente". Così il professor Pejman Abdolmohammadi, studioso di origine iraniana della Scuola di studi internazionali (SSI) dell’università di Trento e Reserch fellow dell’Ispi di Milano.

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Il cambio di strategia da parte del regime è strumentale? "Non c’è alcun cambio di strategia o frattura nella leadership iraniana. È soltanto un risposta tattica a quella che è ormai una rivolta di massa, che non è ancora una rivoluzione politica ma è già una rivoluzione culturale. Di fronte a questo la Repubblica Islamica ha provato i primi tre mesi a non dar risposte mantenendo un approccio molto rigido di controllo sociale e repressione. Adesso cerca di dare qualche risposta poltica. Ma è solo una mossa tattica di bassa intensità per cercare di calmare la protesta".

Per chi è sceso in piazza è comunque una vittoria, o no? "Il problema è che ormai le richieste di chi è in strada sono molto più radicali. Anche ammesso che ci sia la eliminazione effettiva della polizia morale e una riduzione dell’obbligo di utilizzo dell’Hijab sarebbe solo l’1-2% di quello che i manifestanti chiedono. È un primo tentativo di risposta politica, certo, ma l’offerta non è sufficiente, non basterà a calmare chi protesta".

Cosa vuole la piazza? "La rivolta fa richieste radicali. Vuole libertà politiche e sociali e libertà individuali. Il rinascimento iraniano vuole andare oltre le superstizioni e gli oscurantismi ed è contro la presenza di leggi divine che controllano le libertà individuali. Non ci sono soluzioni mediane. I riformismi non sono più accettati dalla parte della popolazione che anima la rivolta".

Lei quindi vede una prosecuzione dello scontro che tenderà a radicalizzarsi? "Direi proprio di sì. La rivolta continuerà"

Ma il regime è diviso? "Non c’è una vera e propria frattura, ma nella classe dirigente si stanno creando delle divisioni su come affrontare le rivolte, se con pura repressione o se con qualche concessione politica, sociale, economica. Ma sono posizioni, si badi bene, non a favore dei manifestanti, ma per arrivare, con la linea più o meno dura, comunque alla fine delle proteste".

Secondo lei la Repubblica islamica iraniana è riformabile in senso più democratico e laico? "La leadership iraniana non può accettare una simile piattaforma che minerebbe alle fondamenta la Repubblica Islamica: le richieste sono fuori dal suo Dna. Le domande dei giovani e delle donne non incontrano una possibile risposta in un ambito riformista della repubblica Islamica".

Qual è stato il ruolo delle donne in questa rivolta di massa? "La leadership femminile ha avuto un ruolo molto importante. Le donne sono tra i principali motori di questo movimento. Siamo passati dalla fase della resilienza alla fase della resistenza-rivoluzione e le donne ne sono un vero cardine".