ArchivePutin gela le speranze: "Pronto ai negoziati, ma non ci ritiriamo". E anche Biden frena

Putin gela le speranze: "Pronto ai negoziati, ma non ci ritiriamo". E anche Biden frena

Guerra in Ucraina, non decolla la via diplomatica proposta dagli Usa e dalla Francia. Per partecipare alla Conferenza di Parigi il Cremlino detta condizioni. A Mosca intanto i cittadini hanno paura della mobilitazione generale

Roma, 3 dicembre 2022 - Più che verso la pace qui va al muro contro muro. A meno di 24 ore dall’annuncio della Conferenza di Parigi del prossimo 13 dicembre, dove si raccoglieranno aiuti per Kiev, sono arrivate le parole del presidente russo, Vladimir Putin. E, come c’era da aspettarsi, sono state tutto fuorché concilianti. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha detto chiaramente che non può esserci mediazione senza il riconoscimento dei territori annessi. Il presidente in persona ha rincarato la dose, assicurando che gli attacchi missilistici alle infrastrutture ucraine sono stati "indispensabili" e la "risposta forzata alle provocazioni di Kiev". Retromarcia dalla Casa Bianca: Joe Biden "non ha intenzione di parlare con Vladimir Putin ora", perché spetta all’Ucraina decidere se e quando può essere negoziato un accordo.

Il presidente della Russia, Vladimir Putin, 70 anni
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Una doccia fredda rispetto alle speranze del giorno prima, quando il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, era arrivato addirittura a indicare in John Kerry il nome per la mediazione. C’è da chiedersi il motivo per il quale la Russia, nonostante le crescenti difficoltà sul campo di battaglia, non rinunci a portare le sue ragioni in sede negoziale. La risposta è complessa. Un po’ per prestigio personale, un po’ per evitare l’umiliazione totale di dover ammettere la sconfitta, un po’ per prendere tempo e continuare a devastare l’Ucraina. Il problema è che Putin può permettersi di tirare la corda solo fino a un certo punto. Le truppe russe stanno indietreggiando nella regione di Kherson e si stanno concentrando nella parte del Donbass che le armate di Mosca vogliono prendere totalmente. Questa concentrazione in un territorio più ristretto potrebbe essere la contropartita chiesta dalla Russia in cambio della fine delle ostilità. Il problema è che il Cremlino ha parlato di territori annessi, che sono ben superiori a quelli dove le truppe di Mosca hanno davvero il controllo e che in parte sono stati riconquistati dalle forze armate ucraine, per la gioia di chi abita quelle terre. C’è poi il ‘nodo Mariupol’.

La Russia, per motivi logistici, strategici e di prestigio, vuole chiedere come condizione il controllo di un lembo di terra che le consentirebbe la continuità territoriale con la Crimea, strappata all’Ucraina nel 2014. Il problema è che su quel lembo di terra, sorge quel che resta della città martire di Mariupol, diventata il simbolo dell’efferatezza di Mosca e per Kiev un obiettivo da riconquistare imprescindibile. Insomma, con buona pace dell’ottimismo del presidente francese, Emmanuel Macron, e degli inviti del presidente americano, Joe Biden, a Putin di terminare questa guerra "in modo razionale", Mosca non si fa mettere nell’angolo. L’unico fattore che potrebbe far cambiare idea al capo del Cremlino è il deterioramento della situazione, economica e sociale, interna alla Russia.

I segnali di disagio sono tanti e si moltiplicano con il passare delle settimane. Nel Paese di stanno diffondendo voci di una mobilitazione generale e l’introduzione della legge marziale dopo la fine di gennaio. Sarebbe il segnale definitivo che Putin vuole trascinare oltre il punto di non ritorno non solo la Russia, ma tutta la comunità internazionale.