Denti d’oro nella camera di tortura: in Ucraina torna l'orrore dei Lager

La scoperta in una regione che era stata occupata dai russi. Da Auschwitz agli Stalag serbi: la storia si ripete

La notizia del ritrovamento di una camera di tortura a Pisky-Radkivski (nella regione di Kharkiv, in Ucraina, in precedenza occupata dai russi), può indignarci o rattristarci: ma certo non ci sorprende. In quel luogo orribile, si strappavano dei denti: e magari si faceva anche di peggio. E non è detto lo si facesse per "far cantare" i prigionieri, come con cinico eufemismo si usa dire. Avere un essere umano tra le mani, a propria illimitata disposizione, fa sentire simili a Dio. È una delle cose più infami e ributtanti il fatto che per sentirci simili a Dio, ch’è Sommo Bene, noi non pensiamo mai a far del bene: a differenza della Sua, la nostra 'onnipotenza' è sempre vòlta al male. Alla rapina, allo stupro, alla tortura.

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È una verità vecchia quanto il mondo: vale la pena di ripercorrere questa galleria degli orrori e ricordare di nuovo i cumuli di protesi dentali d’oro – insieme con le montature per occhiali e via dicendo – messi insieme nei Lager nazisti o più di recente (una trentina di anni fa) negli Stalag serbi? Rapinare i cadaveri e profanare addirittura le tombe alla ricerca di ricchezze è uno sport antichissimo: ricordate la novella di Andreuccio da Perugia nel Decameron? E quel che più impressiona è che sovente il valore venale frutto di queste infamie, di queste profanazioni, è molto modesto.

Ma a questo punto conviene forse, per addentrarsi un po’ di più in quest’argomento, cambiar registro: e dalle stalle dell’infamia e dell’avidità dell’animo umano salire alle stelle dell’indagine psicanalitica e antropologica.

Auri sacra fames, dicevano gli antichi. Si fa presto a tradurre maccheronicamente "maledetta avidità dell’oro". L’aggettivo sacer , nella lingua latina, dispone di molti, profondi, contrastanti significati. Un grande studioso del secolo scorso, Rudolf Otto, ha interpretato il Sacro come Ganz Anderens, "qualcosa d’altro", del tutto diverso dalla natura umana. Dalla Bibbia a Omero al mito degli Argonauti fino ai Conquistadores spagnoli nell’America meridionale cinquecentesca, l’oro rifulge dappertutto, dall’Olimpo agli Inferi passando per i segreti della nostra anima. Fateci caso: la notizia dell’oro odontoiatrico strappato in Ucraina dalla bocca degli avversari ci arriva addosso mentre nei grandi e nei piccoli schermi impazzano i succedanei dal capolavoro di John R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli ; e un vecchio racconto d’origine forse indiano, La favola dei Tre Anelli , è stata rivisitata dal Boccaccio all’Illuminismo per indicare la metafora di quella cosa preziosissima ch’è la vera Fede. La verità è d’oro, il silenzio è d’oro, una parola saggia è d’oro.

Glottologi e linguisti si chiedono ancora se la parola latina aurum ha qualche connessione con il termine ebraico or , che significa “luce”; e una celebre canzone ebraica parla di Gerusalemme shel zahav we shel or , "d’oro e di luce". Una novantina di anni fa, quando il governo fascista chiese agli italiani "oro alla patria", chi accettò di offrirlo – e molti lo fecero addirittura con entusiasmo – avrebbe potutto limitarsi a un’offerta equivalente in denaro. Invece no: quel che si organizzò con solennità religiosa (la "religione laica della patria") fu l’offerta della fede nuziale da parte delle italiane. Un gesto alto e intenso: significava offrire alla patria il proprio cuore, la propria anima, la propria fede. Lasciamo perdere gli esiti pratici di quella campagna: il gesto in sé era elevatissimo. E non significava offrire una somma pari in fondo a qualche settimana di lavoro: significava offrire se stessi. L’oro, sacro come il sangue e come la vita.