Bettiol, campione del Fiandre: l'infanzia nell'orto del nonno sognando la bici

Ciclismo, ritratto del giovane di Castelfiorentino che ha vinto la classicissima proiettandosi nel firmamento mondiale delle due ruote

Gloria per Bettiol al traguardo del Giro delle Fiandre

Gloria per Bettiol al traguardo del Giro delle Fiandre

Castelfiorentino, 7 aprile 2019 - E’ entrato nella storia del ciclismo dalla porta principale. Passerella d’onore su tappeto rosso, che al Nord sono muri, pavé e folla osannante. Alberto Bettiol da Castelfiorentino (Firenze), 26 anni ancora da compiere, ha vinto il Giro delle Fiandre edizione numero 103.

Per molti la più bella tra le gare Monumento, di sicuro la più spettacolare, quella che trasforma un ciclista in un campione. Che Bettiol avesse le carte in regola per correre la Ronde da protagonista lo si era visto nelle gare di avvicinamento: 2° nella cronometro finale della Tirreno-Adriatico, 4° alla E3 BinckBank Classic e quello scatto sul Poggio alla Milano-Sanremo che ha acceso la miccia sul finale della Classicissima di Primavera.

Ma quello che il corridore toscano ha fatto vedere sulle rampe del Vecchio Kwaremont – staccando tutti senza concedere repliche agli inseguitori - è qualcosa che entra di diritto nell’epica del ciclismo. E’ la ‘prima’ di Bettiol da professionista. E’ quella che sognava fin da quando ha realizzato che le due ruote potevano diventare un mestiere, il più bello: «Perché in bici mi diverto», ha sempre detto Albertino fin da quando, a 7 anni, scoprì per caso quel ‘gioco’.

«Accompagnavo mio nonno all’orto – racconta – e dal punto dove solitamente giocavo potevo sbirciare gli allenamenti dei Giovanissimi della società castellana che si svolgevano nella zona industriale di Malacoda. Un giorno il diesse Lorenzo mi chiese se mi sarebbe piaciuto provare e da allora non ho più smesso di pedalare». La prima gara, a Certaldo (a pochi chilometri da casa): terzo al traguardo.

Ma quel bambino, magro e scaltro, non ci mise molto ad imparare a mettere la ruota davanti a tutti, collezionando nelle categorie giovanili un centinaio di vittorie, tra cui il titolo europeo a cronometro da Juniores e il Giro della Lunigiana. Tra i dilettanti quattro acuti (con la classica d’apertura, la Firenze-Empoli, sulle strade della Valdelsa) e un 10° posto al Giro delle Fiandre baby.

Il salto tra i pro’ lo ha fatto a venti anni, nel 2014, nella Cannondale Pro Cycling, uno dei team più forti al mondo, a fianco dell’allora giovane campione slovacco Peter Sagan e al decano Ivan Basso. I primi anni sono stati di gavetta, di frustate in fondo al gruppo, di ritiri e di qualche caduta di troppo.

Il debutto al Giro d’Italia e poi al Tour de France, nel 2017, dove un ottimo quinto posto durante la terza tappa con arrivo dopo uno strappo a Longwy lo fece conoscere agli addetti ai lavori. L’ottimo finale di stagione gli consentì poi di strappare il pass per il Mondiale di Bergen, in Norvegia, dove all’ultimo chilometro fu l’azzurro a mettere in fila il gruppo, guadagnandosi l’inquadratura dei media di tutto il mondo.

Il 2018, alla Bmc, doveva essere l’anno della svolta. E’ stato, invece, l’anno più difficile: infortuni, stop, recuperi. Una stagione che è finita prima ancora di cominciare. Per Bettiol serviva cambiare per ripartire di testa e di gambe. E così quest’anno è tornato alla corte di Jonathan Vaughters firmando un accordo con la EF Education First-Drapac. Una preparazione invernale maniacale fatta di ritiri ‘monastici’ sul Teide e una dieta rigidissima per raggiungere il peso forma.

La famiglia come principale punto di riferimento, con mamma Laura, babbo Marco, il fratello minore Cosimo (ex ciclista) e la fidanzata Giulia, conosciuta sui banchi del liceo e con la quale condivide anche la passione per Jovanotti, che ascolta nelle cuffie in allenamento. E chissà se in questo momento Albertino, tra un autografo e l’altro, starà proprio fischiettando i versi del suo cantante preferito… «Sono un ragazzo fortunato», perché «è questa la vita che sognavo da bambino».