"Un complice per Gorelli. Non aggredì i carabinieri da solo"

La Cassazione rilancia l’ipotesi sempre smentita dal giovane cerretese

Il palo usato per colpire i carabinieri

Il palo usato per colpire i carabinieri

Empoli, 2 agosto 2015 - ORA c’è il suggello della Cassazione. Un timbro formale, perché la Suprema corte non può pronunciarsi sulla sostanza dei processi ma si limita a vidimare la formale correttezza delle sentenze. Ma un timbro lo stesso importante. Matteo Gorelli, giovane cerretese condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione, quel tragico 25 aprile 2011 nelle campagne di Sorano, in Maremma, potrebbe non aver agito da solo. Uno dei minorenni che erano con lui in macchina, diretti a un rave party in zona, avrebbe partecipato attivamente all’aggressione ai due carabinieri (uno morì dopo un anno di coma, l’altro ha perso un occhio).

Nonostante il racconto di Gorelli, che si è sempre addossato tutta la responsabilità. I giudici della Suprema corte, nella motivazione della loro sentenza che il 29 aprile ha chiuso la vicenda processuale di Gorelli – ma non dei tre coimputati all’epoca minorenni per i quali è in corso a Firenze il processo al tribunale dei minori – giudicano corretta e quindi sposano la linea della corte di appello di Firenze. Che a sua volta ha messo in luce l’importanza della testimonianza di due persone, un uomo e una donna che abitano poco distanti da dove si è consumata l’aggressione ai carabinieri Antonio Santarelli e Domenico Marino, che avevano fermato i quattro ragazzi a bordo di una Renault Clio. «La corte territoriale (l’assise d’appello fiorentina, ndr) – sottolineano i giudici romani nelle 17 pagine che compongono le motivazioni della sentenza – evidenziano come non fosse credibile l’assunzione della totale responsabilità dell’imputato, giacchè sicuramente è intervenuto nel corso della colluttazione almeno uno dei due minori di sesso maschile (la ragazza era rimasta sicuramente in auto duramente l’aggressione)».

Così come raccontato dai due testimoni che hanno assistito a una parte dell’aggressione. Lo stesso minorenne che, secondo i giudici fiorentini ora con l’avallo della Cassazione, avrebbe incitato Gorelli a prendere il verbale parzialmente compilato dai militari dell’Arma prima di cadere a terra tramortiti. Una condizione da cui Santarelli, picchiato selvaggiamente con un bastone, non si riprenderà più per morire un anno dopo. Mentre Marino è rimasto cieco a un occhio.

LA MOTIVAZIONE della Cassazione non potrà non avere riverberi e conseguenze sul processo al tribunale dei minori. «Era stata determinante l’azione di un amico – ricorda la Cassazione riprendendo la tesi dell’assise d’appello, mentre in primo grado il gup di Grosseto aveva sostenuto che Gorelli avesse agito da solo – che aveva spinto e sollecitato l’imputato, in un contesto confuso e segnato da palesi contraddizioni mnemoniche, non certo riferibili al sonno perso, o all’alcol ormai in parte assimilato». Cioè a dire: Gorelli ha sicuramente infierito, provocato l’aggressione, gestito il delitto, dopo aver provato a ‘trattare’ con i carabinieri perché non gli togliessero la patente. Ha bastonato selvaggiamente Santarelli e poi Marino. Ma nessuno dei ragazzi – due diciassettenni, uno di Mercatale di Vinci l’altro di Limite, e una ragazza di sedici di Lastra a Signa – lo hanno fermato. Non solo. Uno di loro, il giovane di Vinci, avrebbe partecipato ad alcune fasi dell’aggressione, forse anche picchiando Marino, e avrebbe incitato Gorelli a rubare il verbale prima di tentare la fuga interrotta dopo pochi chilometri dai carabinieri colleghi delle due vittime.

IL PROCESSO a porte chiuse ai tre giovani, minorenni all’epoca dell’aggressione, riprende il 7 ottobre per proseguire il 2 dicembre. Verranno sentiti tra gli altri i due testimoni e Matteo Gorelli. La sentenza è attesa non prima dell’estate del prossimo anno.