Terre avvelenate da conciario e orafo Chiusa l’inchiesta, nuovi indagati

È passato da 19 a 26 il numero di persone a cui la Procura contesta vari reati. La regia di un sistema oliato da un’associazione a delinquere

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di Carlo Baroni

Sale il numero degli indagati. L’inchiesta Keu che ha travolto il distretto della conceria incrocia la sua strada con le indagini sul comparto orafo perché i flussi di rifiuti contaminati – per gli inquirenti – avevano la medesima destinazione verso lo stesso impianto di produzione di inerti venduti poi come materie prime. Secondo la procura, dunque, era in piedi una prassi abusiva consolidata: declassificare i rifiuti pericolosi e le ceneri dei fanghi di depurazione contaminati, facendoli figurare come se fossero rifiuti recuperabili nella lavorazione di materiali inerti per l’edilizia, così da consentire un occultamento dei rifiuti più inquinanti provenienti dal conciario (ceneri contaminate da elevatissime concentrazioni di cromo) e dal comparto orafo (fanghi contaminati da arsenico, boro e selenio). Nascevano così le "terre avvelenate" che sono finite a tonnellate in mezza provincia di Pisa e in Toscana, da Peccioli a Pisa, a Castelfalfi nel Comune di Montaione, come nel quinto lotto della 429 a Empoli: qui sarebbero finite oltre 8mila tonnellate con plurimi conferimenti e – rilevano gli inquirenti – a prezzo vile.

Al centro la regia di un sistema oliato da un’associazione a delinquere finalizzata alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l’inquinamento ambientale, di corruzione anche in materia elettorale e di indebita erogazione di fondi pubblici ai danni della pubblica amministrazione, di falso e di impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Un rosario di reati che gli inquirenti contestano, a vario titolo, nell’inchiesta. Sono passati da 19 a 26 gli indagati a cui il pm Giulio Monferini ha notificato l’avviso della conclusione delle indagini, tra questi anche imprenditori ritenuti "collegati all’articolazione ‘ndranghetista dei Gallace di Guardavalle, esponenti politici e dirigenti di enti pubblici" e di 6 persone giuridiche. Una parte significativa delle investigazioni ha riguardato la gestione dei rifiuti nel distretto conciario. Tant’è che qui, per la procura, si troverebbero ideatori, promotori e capi dell’associazione per delinquere: Alessandro Francioni, Piero Maccanti, Franco Donati. E sodali, a vario titolo: Nicola Andreanini, Silvia Rigatti, Lorenzo Mancini, Cristina Brogi, Antonio Lasi, Fabrizio Veridiani, Aldo Gliozzi, Giulia Deidda (sindaco di Santa Croce), Alberto Benedetti (nella qualità di consulente legale), Maila Famiglietti. Concorrenti esterni: Francesco Lerose, Manuel Lerose, Anna Maria Faragò, Ledo Gori (all’epoca capi di gabinetto in Regione), Edo Bernini. Gli altri indagati, a vario titolo, ed a cui non è contetsato il reato associativo: Andrea Pieroni, Marco Manneschi, Claudio Tavanti, Claudio Guadagnoli, Luca Benvenuti, Claudio Fagioli, Mario Guidelli, Francesca Tartamella. E poi i legali rappresentanti pro tempore dell’Associazione Conciatori, del Consorzio Depuratore, del Consorzio Aquarno, della società Lerose Srl, della società Tca, della società Chimet Spa. La ditta Lerose era quella a cui veniva inviato da Acquarno il Keu dal 2012 per essere riciclato. L’imprenditore lo utilizzava, stando alle accuse, per riempimenti e sottofondi stradali nonostante non ne fosse consentita tale modalità di recupero perché avrebbe potuto rilasciare nel suolo e nelle acque sotterranee significative concentrazioni di metalli pesanti (cromo ed altre sostanze). A Francesco Lerose è contestato l’aggravante di aver agito quale imprenditore a disposizione della cosca Grande Aracri, e a Manuel Lerose e Anna Maria Faragò, di essere stretti collaboratori del padre e del marito.