"Che vita è con 40 euro al mese?"

L’odissea di un sessantenne che ha richiesto il reddito di cittadinanza

La richiesta del reddito di cittadinanza negli uffici del territorio

La richiesta del reddito di cittadinanza negli uffici del territorio

Empoli, 25 maggio 2019 - «Lei mi deve spiegare che dignità c’è a vivere così». E’ davvero complicato rispondere alla domanda che il signor Luan Prendi, 63 anni, pone carico di delusione. Sentimenti mal sfogati perché l’apparenza rimane quella di un cittadino modello, senza nessun tipo di rabbia. Solo un profondo dolore nello sguardo. «Io ho sempre lavorato nella mia vita. Sono nato a Durazzo, in Albania e mi sono trasferito a Empoli giovanissimo. Da cinque anni sono disoccupato pur avendo fatto corsi, aggiornamenti e tante esperienze in vari settori».

Dal saldatore al commesso in macelleria passando per il duro lavoro in officina: il signor Luan ha davvero mestiere in molti campi, ma purtroppo non riesce a tirare avanti se non con l’aiuto dei figli. «Proprio lunedì sono andato all’Inps per sapere se avessero analizzato la mia istanza per ricevere il reddito di cittadinanza. Secondo lo Stato mi spettano 40 euro al mese. Questa è carità e la spacciano per dignità? Mi sento davvero un essere umano senza valore, non so dove sbattere la testa perché anche al patronato non sanno darmi spiegazioni». La situazione è aggravata dal fatto che in famiglia non c’è nessuno con un reddito tale da poter mantenere un tenore di vita decente.

«Mia moglie – spiega ancora Prendi – percepisce meno di seimila euro l’anno. Fortunatamente abitiamo in una casa popolare. Vede, io sono un cittadino empolese, ci ho cresciuto i miei figli qui. Ora fortunatamente hanno deciso di prendere altre strade e hanno studiato e trovato lavoro, ma posso continuare ad affidarmi a loro anche solo per pagare le bollette?».

Non è tutto: «Per un po’ ho interrotto il periodo di disoccupazione, per il quale non ho mai percepito nessun tipo di sussidio perché mi hanno sempre detto che non ne ho diritto, perché mi hanno assunto a progetto per un’azienda che poi è fallita. A più di sessant’anni devo ancora combattere pur avendo servito quanto più possibile la città avendo lavorato come volontario per diverse associazioni ed essendomi impegnato civilmente per la comunità».

La frustrazione è tanta, difficile arrivare a comprendere realmente come sia possibile fare i conti con entrate economiche inesistenti e una vita sospesa, senza certezze che si toccano con manocome solo il lavoro può dare.

«Io non chiedo nulla che non mi spetti. Non l’ho mai fatto e mai lo farò. Vorrei solo capire a chi spettano questi sussidi se i cittadini onesti in difficoltà ne sono totalmente esclusi». Una domanda, anche questa, alla quale è altrettanto complicato rispondere. Forse chi di dovere però potrebbe almeno provarci.

Elena Marmugi