Gioiellieri, l'incubo delle rapine, "Noi, che viviamo in trincea"

Dopo il caso di Pisa parlano i gioiellieri

Sonia Ragionieri

Sonia Ragionieri

Empoli, 15 giugno 2017 - "Una domanda gliela faccio io: ma lo Stato da che parte sta?». Il buongiorno nel centro di Empoli, il ‘giro’, è senza peli sulla lingua. E del resto, commentando la notizia di un gioielliere costretto a difendersi pistola in pugno – uccidendo –, c’è poco da far filosofia.

La gente sfoglia il giornale. Qualcuno ha appreso dal web, altri dalla tv, di Daniele Ferretti e della rapina finita nel sangue in via Battelli a Pisa: a perdere la vita uno dei banditi. Per qualcuno il risveglio è stato da doccia fredda. «Ma che dice? Non sapevo niente», ammette Sonia Ragionieri. Da trent’anni, con il marito, è titolare di una prestigiosa gioielleria in via Ridolfi. Siamo nel cuore di Empoli. «La situazione è preoccupante – commenta a caldo, mentre si occupa di una cliente –. Vede, per noi questo lavoro è una passione. E’ fatto di tante piccole cose: la scelta dei prodotti, attenzioni per chi scegliere di acquistare da noi, professionalità. Ecco, di fronte a fatti del genere tutto viene inevitabilmente messo in discussione». L’idea di morire o uccidere sul proprio posto di lavoro «è fuori dal mondo». Ma non impossibile. A Pisa, in via Angelo Battelli, martedì sera poco prima dell’orario di chiusura, è successo.

«E’ tremendo, ti senti privato della tua libertà – riflette Ragionieri –. Non giudico se sparare sia giusto o sbagliato, ma credo che trovarsi faccia a faccia con il pericolo lasci spazio all’istinto. Detto questo, siamo consapevoli di avere prodotti più ‘appetibili’ rispetto ad altri negozi. Ci tuteliamo con sistemi di vario genere. A Empoli possiamo contare su un buon rapporto di vicinato tra colleghi e poi ci sono le telecamere, una garanzia in più. Ma la città è cambiata e la paura c’è: noi dobbiamo ‘evolvere’ con essa anche in chiave sicurezza».

Insomma, la città è come un cliente: va accolta e ‘accontentata’. «In pratica fra telecamere, allarme, porta ad apertura comandata, viviamo in trincea», spiegano Alessio e Alessandro Piovanelli nella gioielleria di famiglia. Sono padre e figlio. «Ho accettato con orgoglio il passaggio di testimone – precisa Alessio –. Ma sul fronte sicurezza c’è poco da scherzare. Se mi chiede un’opinione su quanto accaduto a Pisa io le dico: totale solidarietà al collega che ha sparato, con la sicurezza che nessun è felice di uccidere. Ma non si può nemmeno vivere sotto tiro».

E si arriva al sistema sicurezza. «Bisogna tutelare chi lavora e vive onestamente – sottolineano i due –. Chi delinque sa in un certo senso di poterlo fare, tanto poi succede ben poco. Ed Empoli non è immune a degrado e criminalità. Un dispiacere grande per chi, come me, trent’anni fa, da Firenze, scelsi di aprire qui: per me era la città ideale per qualità di persone, di vita. Invece adesso tra brutti giri e trascuratezza, siamo passati dalle stelle alle stalle».