Aggredita nel parco. "Da quella notte di tre mesi fa non sono più capace di sognare"

La ragazzina appena 18enne aggredita all’Ambrogiana racconta il suo lento ritorno alla vita

Un momento delle indagini (Fotocronache Germogli)

Un momento delle indagini (Fotocronache Germogli)

Empoli, 15 gennaio 2018 - «A oggi non ho sogni, è il frutto di quella esperienza». Un’affermazione del genere è di per sé destinata a far riflettere, a prescindere da quali siano le labbra che la pronunciano. Se poi a parlare è una ragazzina di 18 anni compiuti da appena qualche settimana, fanno male. Danno la misura di un senso di vuoto e angoscia desolante. Di ferite difficili da curare. Di una verità che racconta un’aggressione avvenuta al termine di una serata in discoteca con gli amici, pesante da accettare. R.G. è la vittima dell’alba di botte e violenza consumatasi il 14 ottobre scorso, tra viale Umberto I e il parco dell’Ambrogiana a Montelupo Fiorentino. Sono trascorsi tre mesi e un giorno da quando la allora 17enne venne ritrovata nascosta dietro un muretto, coperta dalle foglie e dal suo sangue. Mentre le indagini per tentato omicidio vanno avanti a caccia del colpevole, R.G. sta provando a tornare a vivere. Con fatica.

E’ riuscita a voltare pagina?

«Cerco di vivere la mia vita normalmente, anche se il peso di questa esperienza rimane. Non voglio che la mia vita sia modificata».

Come sta? «Molto meglio, anche se, ancora, ho problemi pure di natura fisica da risolvere».

Quanto pesa nelle sue giornate quell’alba di botte senza un perché?

«Pesa tanto perchè, a oggi, è ancora senza un perchè».

Della sua memoria si è parlato molto in questi mesi. Potrebbe essere la chiave per incastrare il responsabile dell’aggressione di cui è stata vittima. E’ ancora vuota?

«Sì, è così. Ancora, a oggi, non ricordo cosa è accaduto».

In un’intervista, ha dichiarato che forse è meglio non ricordare. Perché?

«Perchè ricordare vuol dire rivivere. E sicuramente sarebbe difficile più di quanto non lo sia già».

Di quella sera, trascorsa in discoteca, qual è l’ultimo frammento che ha nella sua mente?

«L’ultima immagine che ho è che ero a ballare, ho fatto chiusura e poi sono uscita. I miei ricordi si fermano lì».

In queste settimane dai fatti di ottobre, che cosa è stato più difficile per lei?

«E’ stato difficile capire che cosa fosse successo. Mi sembrava un incubo. Oltre al dolore fisico, ho dovuto sopportare anche quello psicologico».

E quanto le mancano, da giovane donna, i suoi lunghi capelli biondi, tagliati durante i momenti dei soccorsi e delle cure in ospedale?

«Mi mancano veramente tanto, ma ho rimediato con le extension. Quando mi guardo allo specchio vedo le conseguenze di ciò che è successo».

La polizia indaga. Ci sono accertamenti in corso. Quanta voglia ha di scoprire che cosa è accaduto?

«Tanta, compatibilmente con i tempi della polizia. Scoprire che cosa è accaduto mi aiuterebbe a capire perchè è successo».

Chi l’ha colpita, trascinata per decine di metri e abbandonata, non ha al momento ancora un nome. Le pesa sapere che il ‘mostro’ è ancora in giro?

«Si, mi pesa. Perchè, vede, quello che è successo a me potrebbe succedere ad altri».

Dopo che ha lasciato l’ospedale, nelle settimane scorse, aveva detto di voler tornare all’Ambrogiana, il parco montelupino dove è stata trovata quella mattina. Lo ha fatto?

«No, non sono ancora tornata all’Ambrogiana».

Intanto però, in questi mesi, è diventata maggiorenne. Il suo sogno?

«Non ne ho. Anche i miei diciotto anni sono stati violati da questa esperienza. Non ho potuto festeggiarli come avrei voluto. I miei genitori mi hanno fatto una festa a sorpresa. Non ho voluto foto, non è così che avrei voluto ricordare la mia maggiore età».

Samanta Panelli