"Medici di famiglia, perché non conviene più"

Parla il professionista Iacopo Periti: "Ormai non è più una professione appetibile, ma io l’ho scelta anni fa e non me ne sono pentito"

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"Ho scelto di fare il medico di famiglia e lo rifarei". Il dottor Iacopo Periti, empolese, fa ormai parte di quella categoria di professionisti che, numeri alla mano, è in via d’estinzione. Nell’Empolese Valdelsa la carenza nella medicina generale è di 18 unità. A dirlo è stato l’assessore regionale alla sanità Simone Bezzini. Periti ha ottenuto la titolarità nel 2015, dopo nove anni di attesa "perché – spiega - all’epoca non c’erano posti disponibili. Negli anni in cui ho preso la convenzione con l’Asl si liberava un posto ogni due anni. Io l’ho ricevuta grazie al trasferimento di un collega. Ora si riesce a prenderla anche al primo anno di corso di specializzazione perché c’è una forte carenza".

Sono diverse le ragioni per le quali i giovani laureati in medicina preferiscono altre strade professionali. "Fare il medico di famiglia non è più così appetibile – dice Periti – Gli anni del Covid hanno fatto emergere tutte le difficoltà che ci sono dietro la nostra professione e in più hanno creato nuove opportunità". Quello che un tempo si chiamava il medico della mutua è un libero professionista che deve gestire il suo tempo in funzione dei propri pazienti. Il rimborso previsto dal sistema sanitario non riesce a coprire tutti i costi sostenuti per offrire un servizio adeguato e puntuale. "Non abbiamo né tredicesima né ferie retribuite – precisa Periti – Se ho più ambulatori sul territorio per cercare di andare incontro ai miei assistiti sarò io a pagarne le spese. Così come sono a carico mio i costi della segretaria che risponde alle telefonate o del toner della stampante per le ricette".

Durante la pandemia i medici di famiglia hanno dovuto organizzare servizi dal nulla, fare da ‘front office’ ai cittadini in cerca di informazioni e chiarimenti, lavorare anche 12 ore al giorno rispondendo a trecento telefonate. "Nella fase più acuta della pandemia chi di noi si ammalava aveva difficoltà a trovare un sostituto – ricorda - Addirittura nella prima tranche di rimborsi per le vittime del Covid eravamo stati esclusi perché considerati partite Iva. C’è voluta una forte presa di posizione della categoria perché fosse riconosciuto l’indennizzo alle famiglie dei colleghi morti a seguito dell’infezione da coronavirus". I carichi di lavoro maggiori e una reperibilità costante stanno allontanando dalla professione anche molte donne. Nonostante le difficoltà, iI dottor Periti non si è mai pentito della scelta fatta. "Ci sono aspetti della mia professione che ripagano di tutti i sacrifici. Quando un paziente ti dice ‘grazie dottore, adesso sto meglio’ capisci di aver fatto bene il tuo lavoro. Le relazioni umane, la fiducia che le persone ripongono in te sono le motivazioni che ti fanno andare avanti".